domenica 27 gennaio 2013

Cattedrale Notre Dame - Ho Chi Minh - Saigon

Ho Chi Minh o Saigon, se paragonata ad Hanoi non è una città bellissima, ma è sicuramente il centro vitale e commerciale di tutto il Vietnam.

I ritmi di questa città sono elevatissimi. Qui ci sono gli hotel più lussuosi, troviamo i centri di molte banche, moltissimi sono i grattacieli già esistenti e molti sono in costruzione.
E’ comunque ricca di molte cose da visitare. Oltre ai molti centri di culto buddisti, ci sono anche alcune chiese cattoliche: la più importante è la Cattedrale di Notre Dame o Nha tho Đc Bà Sai Gon.
Sorge nella zona centrale di Ho Chi Minh, nel cuore pulsante della città, tra D Dong Khoi e DL Le Duan ed è la più popolare di tutto il Vietnam.
Questa cattedrale la riconosciamo subito perché è di color rossiccio, al centro di una piazza dove c’è la famosa posta centrale.
Il suo stile è neoromantico, nel 1895 sono stati aggiunti due campanili quadrati che arrivano fino a 58 metri di altezza,  con delle guglie in ferro che dominano la città e sei campane in bronzo del peso di quasi 30 tonnellate.

La chiesa originariamente era una pagoda in legno vietnamita, che era stata abbandonata durante la guerra.
Nel 1962 fu dichiarata Basilica, e da allora la sua fama è cresciuta sempre di più attirando centinaia e centinaia di cattolici che arrivano qui in visita.
Nel 1876 il governatore di quella che allora era la Cocincina, M.Duperré fece un concorso per la creazione di un edificio di culto per i cattolici,
Il progetto che vinse il concorso fu quello dell’architetto J.Bourad, e il suo design è stato considerato come la più bella colonia francese fino a quel momento.
La chiesa fu costruita dai coloni francesi, la prima pietra fu posta il 7 ottobre 1877 dal vescovo Isidor Colombert, e fu terminata il 11/4/1880 nel periodo di Pasqua. Tutti i materiali che sono stati usati per costruirla furono fatti arrivare direttamente da Marsiglia e da tutta la Francia.
I mattoni arrivano da Marsiglia, non è stato utilizzato il calcestruzzo, mantenendo il color rosso vivo.
Sulla parte superiore sono state posizionate delle croci di 3,5 metri per 2 metri di larghezza, con un peso di 600 Kg.
Le cerimonie di benedizione e completamento avvennero in presenza del governatore della Cocincina Le Myer de Vilers.
Anche per quanto riguarda il tetto e le piastrelle sopra c’è impresso il nome Guichard Carvine Marseille  St.André – Francia; sicuramente questo è il luogo dove sono state prodotte, mentre quelle che sono state sostituite hanno la scritta Wang – Tai Saigon.
La chiesa è aperta solo un’ora al mattino e tra le 16 e le 17 del pomeriggio, è stato un vero caso che quando siamo andati noi l’abbiamo trovata aperta, anche perché noi in quel momento non sapevamo gli orari di apertura.
All’interno del cancello principale fu inserita una piastra in granito in cui ci sono scritte le date di inizio e fine lavori.
La cattedrale è composta da un grande cancello in ferro con una porta posta sul davanti e una laterale. Durante la sua costruzione avevano messo delle vetrate istoriate che durante la guerra furono distrutte e purtroppo oggi non sono più visibili.
Al suo interno c’è anche un organo a canne che è stato progettato proprio per questa chiesa in modo da avere un’acustica perfetta.
All’ingresso sia sulla destra che sulla sinistra ci sono due statue, mentre sul retro ci sono delle vetrate belle e colorate.
Pochi metri dopo l’ingresso nella navata centrale c’è una cancellata in ferro, l’ingresso è consentito solo per coloro che vogliono pregare, per chi vuole solo per visitarla deve fermarsi prima della cancellata.
Questa è una chiesa molto frequentata soprattutto dai turisti e dagli stranieri che vogliono venire qui a pregare.
Il sacerdote è autorizzato alla celebrazione in lingua vietnamita, ma fa anche una breve omelia in lingua francese o inglese.
La celebrazione più adatta per i turisti è quella della domenica mattina alle ore 9,30.
Questa cattedrale viene anche molto usata per le fotografie dei giovani sposi, infatti più di una volta passando qui davanti abbiamo visto giovani coppie in abiti da sposi con i fotografi al seguito per fare il loro book di nozze.
Di fronte alla cattedrale, nel giardino esterno c’è una statua della Vergine Maria in marmo chiamata “Regina Pacis”, che nel 2005 dalla guancia destra sono state versate lacrime. Anche per questo ultimamente questa cattedrale e questa statua sono molto venerati sia dai vietnamiti che dai numerosi turisti.
Sempre in questo giardino un tempo, c’era una statua in bronzo del vescovo Adran  o Pigneau de Behaine, che conduce il figlio di Gia Long, il principe Canh con la mano sinistra, mentre in quella destra c’è il simbolo del trattato di Versaille.
Nel 1945 la statua è stata rimossa, forse perché per qualcuno era offensiva, ora però non si sa neppure che fine abbia fatto.
Successivamente il vescovo Joseph Phan Van Thien ha chiesto al Vaticano di avere una statua della Madonna, e il 16 Febbraio 1959 è stata posizionata questa statua in granito che vediamo ancora adesso.
Nel 1962 questa chiesa è stata proclamata cattedrale, chiamandola “Saigon Notre Dame Cattedrale”.
Se venite in visita a Saigon, una breve visita in questa chiesa è quasi d’obbligo, essendo anche vicina al centro e al grande e bello Ufficio Postale.

la città dalle 1000 finestre

Abbiamo deciso di visitare l’Albania perché è una meta ancora poco sfruttata  turisticamente, benché abbia delle splendide spiagge e un mare trasparentissimo, in più noi non amiamo i villaggi turistici, ecco perché abbiamo scelto questa insolita meta, in ogni caso immagino che con gli anni in molti scopriranno questa terra e la loro calorosa gente.
Così oltre a trascorrere alcune giornate al mare abbiamo deciso di visitare anche Berat, una cittadina situata nel centro del paese. Sapevamo essere una città tutelata dall’Unesco,  diventata nel 1961 una città museo, perché possiede un patrimonio culturale di notevole importanza, risalente agli inizi dell’anno 1000, soprattutto per gli evidenti resti della dominazione ottomana, quindi una tappa qui era quasi d’obbligo, tra l’altro Berat è anche stata nel 1944 la capitale dell’Albania.

Siamo arrivati in questa città, percorrendo strade abbastanza dissestate, dove abbiamo incontrato sul nostro tragitto sia carretti trainati da cavalli, sia numerosi camion. Sul percorso c’era anche una casa particolarissima, che è stata fatta come una vera e propria nave, vi erano anche i classici colori delle navi e l’acqua che usciva, purtroppo eravamo in moto e non ci siamo fermati, quindi non abbiamo avuto modo di fotografarla, ma non avevo mai visto nulla di simile.
Una volta arrivati in città, ci siamo recati nel centro e abbiamo iniziato a cercare un campeggio per la notte e per mettere tutte le nostre cose. Dato che non lo trovavamo, abbiamo visto la polizia locale e così abbiamo provato a chiedere informazioni a loro.

Erano in tre in macchina (2 uomini e 1 donna), dopo la nostra richiesta si sono un po’ consultati tra di loro e ci hanno risposto “Seguiteci! Vi accompagniamo noi”.

Così fiduciosi  e anche un po’ sbalorditi da tutta questa gentilezza, saliamo in moto e li seguiamo, vediamo che girano in un isolato contromano e dopo poco si sono fermati davanti ad un giardino, qui sono scesi e ci hanno detto: “Mettetevi pure qui. Il luogo è tranquillo e poi noi passiamo anche di notte per controllare che sia tutto a posto. Non vi succederà nulla!!”.

Io gli ho subito detto che volevo farmi una doccia e qui non c’erano i servizi, così loro molto gentilmente ci hanno suggerito di utilizzare i servizi del vicino hotel a 4 stelle Tomori.
Ovviamente non ci sembrava il caso di mettere la tenda in un giardino pubblico,  e di chiedere all’hotel di farci fare la doccia, così semplicemente abbiamo rifiutato e siamo andati a cercare un hotel per la notte.  Quando glielo abbiamo detto, sembravano anche dispiaciuti per il fatto che noi abbiamo declinato la loro premurosa offerta.

Dato che eravamo stanchi abbiamo deciso che nel pomeriggio non saremmo andati a visitare la Cittadella, che è aperta 24 ore su 24, ma ci saremo riposati per  poi ripartire il giorno successivo, ancora più attivi e curiosi.

Al mattino, quando non vi era ancora quel caldo torrido,  cioè prima delle 10 del mattino, ci siamo avviati alla volta della cittadella.

Abbiamo deciso di lasciar la moto nel parcheggio dell’hotel e siamo incamminati a piedi.
Il castello con la cittadella si trovano sulla sinistra del fiume Osum in cima ad una collina, in modo da dominare dall’alto tutta la zona circostante.

Per arrivare su abbiamo percorso, sotto il caldo sole cocente, la lunga strada lastricata di pietre bianche, che oramai sono diventate lucide per via dei molti passaggi e dell’usura, mentre ai lati ci sono le antiche case bianche ottomane, e delle fitte pinete.

Una volta in cima, vediamo le imponenti e alte mura di questa cittadella che un tempo arrivavano a misurare  1400 metri di perimetro, qui si deve pagare un biglietto d’ingresso, non ricordo esattamente quale sia l’importo, ma la cifra è molto bassa e ne vale assolutamente la pena.

Oltre alle mura, un tempo vi erano anche 24 torri di avvistamento e quindi anche difensive, ora purtroppo di queste ne rimangono solo delle rovine.

Per avere maggiori informazioni sull’intero sito, se si vuole si può richiedere anche una delle varie guide nella nostra lingua, oppure ci sono le classiche audio guide.

Appena entrati vediamo quella che può essere una piazzetta con un negozio, dove vendevano un po’ di tutto e a fianco vi era l’unico bar, posto all’interno di queste mura.

Dato l’incredibile caldo ci siamo subito seduti ,per prendere qualcosa di fresco e dissetarci.
Poco dopo, ripartiamo per la visita della Kala, così ci addentriamo in queste vie tutte ciottolate e bianche. Qui la gente del posto ci abita ancora, infatti il numero delle abitazioni è davvero elevato, e in molte si possono vedere splendidi pergolati di uva e bellissimi cortiletti.

All’interno di questa cittadella ci sono alcuni musei tra tutti il più importante è il Museo Onufri, che purtroppo non siamo riusciti a visitare in quanto noi siamo arrivati qui di lunedì, e questo è proprio il giorno in cui il museo effettua la chiusura settimanale, al suo interno però sono contenute importanti icone risalente al XVI secolo, insieme ad altri importanti oggetti liturgici, tutti provenienti da antichi monasteri, quindi se riuscite a visitarlo ne varrebbe davvero la pena.
Gli orari di apertura del museo sono dalle ore 9 alle 16 nel periodo invernale, mentre in estate è aperto dalle ore 9 alle 13 e dalle 16 alle 19.
Siamo quindi soltanto riusciti a vederlo dall’esterno, il suo edificio è molto antico, risale al 1797, ed è un edificio sacro, in quanto è stato costruito sulle fondamenta di una antica chiesa nata nel X secolo.
Qui si può anche capire come sia un tempo, ma anche attualmente riuscivano  e riescono a convivere sia la religione cristiana che musulmana, infatti qui ci sono moltissime chiese e moschee, la più antica è la moschea Rossa, che è il primo edificio di culto islamico costruito a Berat, risalente al XV secolo.
Un tempo la popolazione era prevalentemente cristiana e vi erano più di 20 chiese risalenti per lo più al 13° secolo, le moschee ottomane invece, erano principalmente per la guarnigione turca e di questa rimane solo un pezzo del minareto e un pezzo delle mura della moschea.
La chiesa più grande è la chiesa della Dormizione di Santa Maria, dove la santa messa viene celebrata solo una volta all’anno.
Per tutte le chiese all’interno della cittadella noi non siamo riusciti a visitare il suo interno, infatti erano tutte chiuse. Tra le tante troveremo la chiesa di San Teodoro, risalente al 1547, la chiesa della Santissima Trinità e anche della cappelle minori tra cui quella di Santa Maria Blanchermae, San Michele (risalente al XIII sec.);   e  quella di San Nicola.
La cittadella vera e propria è comunque molto danneggiata, e delle molte costruzioni  che vi erano un tempo, capita anche che rimangono solo i muri o un pezzo di questi, in ogni caso lo spettacolo che si può ammirare è a dir poco splendido, sembra di tornar indietro nel tempo, sembra di visitare un luogo dove il tempo si è fermato, regalandoci splendide sensazioni.
All’interno si può vedere anche un’ampia cisterna che serviva per raccogliere l’acqua, quando siamo andati noi c’era ancora dell’acqua, purtroppo al suo interno vi erano bottiglie di plastica buttate e altra immondizia, qualcuno ci ha anche detto che con una torcia si può anche visitare il suo interno.
Tra le mura della fortezza c’è anche il punto più alto di tutta la città di Berat, in questo modo si riesce anche ad ammirare uno splendido panorama di tutta l’antica cittadina ottomana, da qui si riesce anche a vedere la famosa montagna dove un tempo il dittatore Henver Hoxa, ha fatto scrivere il suo nome.
Ora fortunatamente il suo nome è stato cambiato in un grande Never.

mercoledì 2 gennaio 2013

... Le ossa umane usate come decorazione....



Per alcuni ciò che voglio descrivere può anche essere macabro, ma sicuramente è degno di nota.

Così ho deciso di raccontare qualcosa riguardo questo luogo molto particolare e curioso.

Nella Repubblica Ceca a 65 Km circa da Praga, in un sobborgo di Kutnà Hora, vi è l'ossario di Sedlec.

E' un'antica cappella costruita all'interno di un piccolo cimitero.

All'interno vi si trovano più di 40.000 scheletri umani, le cui ossa sono state meticolosamente divise... ma come mai così tante ossa tutte insieme...???
 
Questa è la storia di quello che era precedentemente questo luogo.
Il monastero fu iniziato a costruire intorno al 1142.

Nel 1278 il Frate di questo monastero cistercense, fu mandato a Gerusalemme.. Quando tornò portò con se della terra, proprio raccolta sul famoso Golgota. E la sparse per tutto l'interno di questo cimitero.

Così in molti fecero seppellire i propri cari all'interno. Da qui i molti corpi continuarono ad accumularsi ed accumularsi, fin che non si giunge alla saturazione. Non c'era più posto per nessun altro defunto, e nel 1400 i frati iniziarono a costruire questo ossario e nel 1500 circa iniziarono a riesumare tutti i corpi, per poter fare altro spazio all'interno del cimitero. Le ossa furono messe in un magazzino.

Quindi intorno al 1870 circa, l'intagliatore che in quel momento era al servizio del Duca di Schwarzenberg decise di usare tutte queste ossa per fare delle vere e proprie opere d'arte.

La cosa particolare è che vennero usate proprio tutte le ossa del corpo umano, senza sprecare proprio nulla.

Appena si entra all'interno di questa cappella si può notare che le decorazioni sono tutte fatte con le ossa umane. Debbo dire che le decorazioni sono anche belle.. Certo che...è un po' inusuale..

Poi si scende una scalinata, alla fine possiamo ammirare ben 4 cupole enormi tutte fatte esclusivamente di teschi umani...Ce ne saranno stati a centinaia, faceva quasi venire i brividi a vederli.

La cosa più particolare che è notato è sicuramente il grande candelabro, appeso al soffitto, era veramente una cosa unica al mondo, pensate che era anche illuminato.

All'interno di questa cripta si possono anche ammirare 4 pinnacoli, ricordo che erano alti quasi 2 mt o più, anch'essi fatti di teschi e altre ossa, tutte incastrate perfettamente insieme, mentre sulla cima possiamo trovare un carinissimo angioletto.

Possiamo ancora ammirare il grande stemma del Duca di Schwarzenberg, in questo caso vengono usate le ossa lunghe, e l'altare, anch'esso formato da ossa incastrate insieme.

Tutte queste opere sono effettuate in modo molto preciso e meticoloso..

E' quasi un capolavoro...

Personalmente non ho mai visto nulla del genere, la cosa strana è il vedere tutte queste ossa umane, e vi assicuro che erano veramente tante.

In alcuni attimi ero anche impressionata, infatti....vi dico la verità...non ci sono stata molto all'interno...non so come mai...forse...ho paura della morte?

Spero che questa opinione sia utile a chi è in cerca di cose davvero strane e particolari, anche se forse un pò macabre.

Una caffetteria d'altri tempi


Questo è un noto locale torinese, una piccolissima caffetteria nata nel 1763, nell'anima della vecchia Torino, nella zona del quadrilatero, vicino alle Torri Palatine, in una piccolissima isola pedonale, situata proprio all'ingresso del Santuario della Consolata, che prende il nome dalla sua prelibata e segreta specialità" Al Bicerin".

" Al Bicerin " fa parte dell'associazione " Locali Storici d'Italia ", che raccoglie i locali che conservano quella memoria dei tempi passati, con ricordi e arredamenti dell'epoca di valore culturale, artistico e anche gastronomico della nostra storia nazionale.

I locali storici sono alberghi, caffè, ristoranti, pasticcerie, confetterie che hanno almeno settant'anni di vita e che hanno ospitato avvenimenti e personaggi di rilievo nella vicenda Italia, luoghi anche dove sono nate ideologie e movimenti.

Prerogativa fondamentale di questi locali è la salvaguardia dell'integrità dei luoghi densi di un fascino particolare, colmi dell'eleganza dell'epoca sia negli arredi che nei profumi.

Nel 2000 il locale ha vinto il premio come Migliore Bar d'Italia, mentre nel 2001 il bicerin è stato riconosciuto come bevanda tradizionale piemontese.

Un piccolo locale nato come acquacedrataio e soltanto successivamente diventerà la confettiera Dentis.

Un locale di color scuro, in legno, molto semplice, con i pannelli pubblicitari ai lati dell'ingresso.
Quando si entra sembra di tornar indietro nel tempo... qui si sono seduti personaggio come Cavour, Puccini, Silvio Pellico, Alexandre Dumas padre, Friedrich Nietzsche, Crispi, Edmondo De Amicis, Mario Soldati e molti altri.

Qui le dame di quell'antica antica nobiltà torinese, dopo aver assistito alla Messa nel Santuario posto di fronte e rispettato il digiuno eucaristico, venivano qui a ristorarsi, ma da qui passavano anche a prendere i dolci i bambini che avevano appena preso la prima comunione.

Al Bicerin è una caffetteria, un luogo vivo, caldo, dove ogni giorno sostano parecchie persone, conquistate dai bellissimi tavolini tondi ottocenteschi, in stile liberty in marmo pesantissimi, tutti ordinati perfettamente uno di fronte all'altro.

Un luogo elegante con il soffitto basso, i tappeti rossi, le pareti di legno chiaro e il pavimento consumato dai numerosi passaggi dei clienti, che scricchiola al nostro cammino.

Dobbiamo solo sperare di riuscir a trovar un tavolino libero, visto che sono soltanto otto.

Si, i tavolini sono solo otto, ma in estate viene allestito un piccolo dehors tranquillo e gradevole.

Il bancone è originale dell'epoca, in legno scuro tarlato, sopra vi è posizionata una grande macchina caffè, mentre a fianco vi è anche una porta che dà sul laboratorio dove la cioccolata cuoce per quattro ore prima di essere pronta per il bicerin o per altre squisite prelibatezze.

Ai lati decorazioni di specchi, molti vasi di confetti colorati, ben 40 tipi diversi, gianduiotti , ma anche le pastiglie Leone, scatole di krumiri, bottiglie di rosolio e di vermouth dietro le vetrine piccole e antiche, con le tende fatte a mano, qui vengono esposti anche dei piccoli cioccolatini, messi maniera da sembrar delle vere opere d'arte.

Un bellissimo gioiellino per far colazione al mattino, gustando qualche buona delizia della casa. Un luogo particolare dove iniziare bene la nostra giornata, dove ci si può concedere alcuni minuti di pausa, il sabato e la domenica dobbiamo solo avere tanta pazienza.

Queste alcune prelibatezze, di un'antica arte dolciaria che si possono gustare :

Bicerin
Zabaione
Cioccolata in Tazza
Cioccolata Speziata
Cioccolata Fredda
Fragole al Cioccolato
Frappè
Tè e Tisane.

Tra gli alcolici si possono gustare : Rubino, Passito di Caluso, Barolo chinato, Ala del Duca di Salaparuta, Carpano Antica Formula, Punt e Mes, Pastis provenzale, Ratafià, Rosolio, Birra Menabrea.


IL BICERIN

E' una tipica bevanda piemontese, ma soprattutto torinese, nata proprio in questo locale che ne prende il nome. Nel 1700 la bevanda veniva chiamta "bavareisa", veniva servita nel bicchiere di vetro, quelli con il manico in metallo ed era a base di caffè, cioccolato, con crema di latte.
Successivamente, nell'arco degli anni si sono fatte alcune varianti e così è nato il Bicerin.

Questo viene servito ai tavoli a lume di candela in un grande bicchiere di cristallo, in modo che si possano vedere i tre strati.

La ricetta della cioccolata è segretissima, si dice che sia più segreta della Coca Cola e i dipendenti sono tenuti al segreto assoluto.

Il Bicerin viene fatto con la famosa cioccolata ancora bollente, con uno strado di caffè espresso e l'ultimo strado di fior di latte freddo in modo da raffreddare la cioccolata quando la si assapora.

Tutti i tre strati devono essere rigorosamente serviti in modo separato e non devono mai mischiarsi.


ZABAIONE

Anche questi sono fatti artigianalmente, cioè frustati a mano, con ben due tuorli d'uovo per ognuno.

Li possiamo scegliere tra quelli aromatizzati con scorza di limone, caffè, ratafià, moscato, marsala, passito di Caluso e vino di Salaparuta, mentre per i più golosi possiamo chiedere l'aggiunta di panna montata.


CIOCCOLATA SPEZIATA

Una cioccolata calda leggermente piccante profumata alla cannella.


CIOCCCOLATA FREDDA

Solitamente viene bevuta nel periodo estivo, una cioccolata fredda con panna, un gusto davvero particolare e rinfrescante.


FRAGOLE CIOCCOLATO

Questa ottima delizia purtroppo si può assaggiare soltanto in primavera, sono delle buonissime fragole con cioccolata fredda oppure frullate con il cioccolato.


I FRAPPÈ

Tra i Frappè da evidenziare sono quelli aromatizzati al marsala e quelli al ratafià.


I TÈ E LE TISANE

Qui si può scegliere tra ben 38 differenti varietà.

Mentre per gli amanti del dolce queste alcune specialità : Toast caldo al cioccolato, Torta di nocciole delle Langhe "La Morra" con cioccolata calda, Torta di mele, Torta di mele e cannella, Torta di mele, amaretti e cioccolato, Torta Paradiso farcita di panna, Torta ripiena di pere e cioccolato, Torta al cioccolato, Biscotti della Duchessa, Canestrelli di Boegofranco, Torcettoni di Mautino, Polenta imprigionata, Biscotti di Pamparato, Biscotti di Meliga, nocciolini di Chivasso, Bicciolani di Vercelli.

Per quanto riguarda la cioccolateria, qui si possono gustare dei cioccolatini fatti secondo le regole degli antichi maestri cioccolatai.


Possiamo gustare le favolose e piacevolissime barrette di cioccolato al latte, fondente (56% cacao), extra bitter (75% cacao senza zucchero), oppure possiamo scegliere quello con le nocciole, da notare l'ottima qualità di queste: tonde, gentile delle Langhe, oppure dei delizioni cioccolatini, fatti sempre con i tre diversi tipi di cacao, ma ancora i gianduiotti con la squisita specialità di crema gianduja.

I gianduiotti sono da sempre un'altra golosità torinese, sempre a base di cioccolato, qui se desideriamo possiamo anche trovare alcuni formati extra, infatti sono disponibili quelli fino a 100 gr, ma se preferiamo possiamo anche arrivare a 5 Kg, bisogna soltanto farli fare su ordinazione.

Per ultimo ci sono i chicchi di caffè ricoperti di cioccolato, questi si trovano sfusi o in carinissime scatolette in latta.

Una volta usciti da questa minuscola caffetteria densa di fascino, possiamo anche portarci via un piccolo ricordo, infatti a fianco vi è un piccolo negozio dove si possono acquistare delle prelibatezze a base di cioccolato, ma non solo; infatti troveremo molte golose specialità piemontesi, fatte artigianalmente e non semplici da trovare.


Se passate da questa città, vi consiglio di far un salto, rimarrete sicuramente entusiasti del luogo, vi sembrerà di vivere in un ricordo e in un'atmosfera antica di un ricco Piemonte, senza contare che le bevande sono golosamente squisite.

Il marchio di questo locale è un alberello verde e ogni prodotto che acquistiamo in questa deliziosa bottega hanno questo logo che è il simbolo dell'artigianalità di essi.



Orari d'apertura :

Sabato, domenica e festivi dalle 8.30 alle 12.30 e dalle 15.30 alle 19.30
Lunedì, martedì, giovedì e venerdì dalle 8.30 alle 19.30

domenica 20 febbraio 2011

Can Tho e la gita sul Mekong

Una delle città che abbiamo visitato  è stata Can Tho, ed è stata uno dei luoghi del Vietnam che mi è piaciuto di più. E’ una zona di montagna, di riso e ha portato il Vietnam tra i primi posti al mondo per l’esportazione di riso.
Questa secondo me è una regione idilliaca, ricca di vegetazione, di mille sfumature di verde dell’acqua e dei suoi innumerevoli fiumi di color marrone rossiccio.
I corsi d’acqua sono numerosissimi e numerose sono anche le abitazioni che si trovano sulle rive di questo imponente fiume.
Oltre al riso che è la coltivazione principale, ci sono molte coltivazioni di noci di cocco, canna da zucchero e molti frutteti tra cui i buoi o pomelo, o il du du che è la papaia, le banane, il dua o ananas, il kheo o carambola, il mang cau o cerimoia, il mang cut da noi conosciuta come mangostano, il mit o jackfruit, il nhan o lon gan, il oi o guava, il san rieng o durian, il thanh long o pitahaya, il xoai o mango, il trai vai o litchies, il Vva sua, più conosciuto come crisofillo cainito.
Ma prima di raccontarvi la nostra gita in barca sul delta del Mekong, vi voglio far conoscere un po’ di storia di questo luogo in modo da avere le idee più chiare su questa regione, così lontana da noi e dalla nostra cultura.
La zona del delta del Mekong è la parte più meridionale del Vietnam al confine con la Cambogia, si affaccia sul Mar Cinese Meridionale e sul Golfo della Thailandia.
Questa regione un tempo faceva parte del regno dei Khmer, ed è stata l’ultima regione ad essere annessa al Vietnam.  
I cambogiani dominarono questa regione  fino al XVIII secolo e ancora oggi la chiamano Kampuchea Krom, che tradotto significa Cambogia Inferiore.
Molte volte i Khmer rossi tentarono di riconquistare la zona, colpendola molto duramente, attaccando i villaggi e uccidendo tutti gli abitanti.
Tutto ciò fece in modo che l’esercito vietnamita attaccò la Cambogia il 25 dicembre 1978, con il conseguente rovesciamento del potere dei Khmer rossi in questa zona.
Attualmente questa zona è abitata prevalentemente dai vietnamiti, ma ci sono anche gruppi di etnia cinese e khmer, oltre ad alcuni gruppi cham.
Molte sono le minoranze di etnia Khmer Krom, loro parlano una lingua diversa dai vietnamiti, hanno tradizioni sia storiche che culturali ben diverse professano una diversa religione buddista, e furono i primi ad insediarsi in questa zona, infatti si sono trovati dei resti datati più di 2000 anni fa.
Le origini di questi abitanti risalgono al I secolo a.c. dove esisteva il regno del Funan, un impero marittimo che partiva dalla penisola malese, fino al delta del Mekong.
Questa civiltà era molto complessa, costruirono molti canali, commerciavano metalli preziosi e avevano molte conoscenze nel campo dell’agricoltura.
A questo regno, successe il regno Chenla dal 630 al 802 d.C., poi venne il grande impero Khmer, che era il più potente di tutto il sud est asiatico, dove la loro maggiore costruzione, è quella di Angkor Wat. 
Ma intorno al XVII, il regno era in declino, ma l’impero vietnamita era in piena crescita e stava iniziando la sua espansione verso il sud.
Prima conquistarono l’impero Cham, successivamente vollero conquistare i territori che erano dei Khmer, in questa zona che è quella del delta del Mekong.
Nel 1623 il Re Chey Chettla concedette i diritti d’insediamento.
Qui abitarono circa 40.000 famiglie e c’erano circa 700 templi khmer, questo luogo nel 1689 era chiamato Saigon.
Successivamente qui arrivarono sempre più vietnamiti per invadere la zona, i Khmer Krom combatterono intensamente, qualche battaglia la vinsero anche, ma erano solo vittorie minori.
Quando nel XIX arrivarono i francesi, s’impossessarono di tutta l’Indocina, chiamando questa zona Cocincina.
Il 04/06/1949 i francesi annetterono questa zona alla colonizzazione vietnamita.
Il 02/09/1954 il governo vietnamita impose ai Khmer Krom una vera e propria assimilazione forzata, tanto che vennero variati i loro cognomi e la loro lingua.
Da allora i vietnamiti fecero numerose atrocità verso questo popolo che è tutt’ora in minoranza.
Ma ora ritorniamo a parlare di Can Tho, noi abbiamo scelto di arrivare qui, perché è la città più grande di tutta questa regione, una cittadina viva e vitale.
Can Tho è il centro principale della politica, della cultura, dell’economia e dei trasporti di tutta questa regione.
Arrivati alla stazione degli autobus, abbiamo preso un taxi che ci ha portato direttamente all’albergo che avevamo scelto, che si affaccia proprio sul fiume, nel centro della città.
Arrivati qui il gestore dell’albergo ci ha subito chiesto se il giorno successivo volevamo fare un tour in barca sulle rive del fiume, informandoci sui prezzi e sul giro che si sarebbe fatto.
Così dopo alcune contrattazioni sul prezzo, abbiamo accettato.
La partenza è avvenuta alle ore 6 del mattino, in modo da poter vedere l’alba, il giro in barca doveva finire intorno alle ore 14 al costo di 700.000 dong che più o meno è di 30 dollari per due persone.
Se volevamo la partenza poteva anche essere ritardata, ma qui si svegliano tutti molto presto, alle 5,30 del mattino il Vietnam è in piena attività, come se da noi fossero le 9,30, così anche per non trovare molti turisti sul nostro tragitto abbiamo scelto di svegliarci presto.
Una volta deciso il nostro tour del giorno successivo, ci siamo fatti una doccia e siamo andati a cena.
Il lungofiume è molto animato, molti sono i locali che rimangono aperti fino a tardi, cosa differente che in altri luoghi della nazione, qui infatti ci sono anche dei mercati serali.
I viali lungo il fiume sono ampi e abbiamo  subito deciso di andarli ad esplorare, ovviamente sempre a piedi, dato che il centro non è poi così grande.
 Anche qui abbiamo mangiato molto bene, siamo riusciti a trovare un locale chiamato “Cappuccino” che faceva dei ottimi piatti della cucina italiana, vietnamita, messicana e anche indonesiana.
Qui noi abbiamo preso la pasta ed io un guacamole, ricetta tipica messicana e tutto ciò che abbiamo mangiato era molto buono.
Ho visto anche le pizze, sia d’asporto che quelle consumate nel locale, avevano un bell’aspetto, ma non ci siamo fidati, tanto tra meno di una settimana dovevamo tornare in Italia patria della buona pizza.
Dopo aver cenato e preso l’aperitivo della buona notte, cioè un succo di canna da zucchero con tanto di ghiaccio, seduti a dei tavolini nel parco, siamo rientrati in hotel.
Il giorno dopo ci aspettava una lunga e deliziosa giornata.
Ma prima di raccontarvi la nostra esperienza su questo fiume, voglio raccontare un po’ di storia.
Se non vi interessa potete saltare questa parte dedicata esclusivamente al Fiume dei nove Draghi o più conosciuto come Mekong.
E’ uno dei fiumi più lunghi di tutto il mondo, infatti scorre per ben 4500 chilometri.
Inizia il suo lungo corso nell’alto Tibet, passando poi per il Myanmar, il Laos, la Thailandia, la Cambogia, per poi sfociare in Vietnam, nel Mar Cinese Meridionale dove il suo delta è tra i più estesi.
Nella capitale della Cambogia a Phon Penh, il fiume subisce una biforcazione e nella città di Vinh Long ne subisce un’altra che termina in molti bracci, sfociando nel Mar Cinese Meridionale, in cinque differenti punti.
Ecco perché il Mekong viene anche chiamato Song Cuu Long o Fiume dei Nove Draghi.
La portata di questo fiume subisce numerose variazioni, dalla fine del mese di maggio inizia a crescere, raggiungendo la sua portata massima a settembre.
Queste variazioni vanno da 1900 a 3800 metri cubi al secondo, in base ai diversi mesi dell’anno.
A Phon Phen il Mekong confluisce in un fiume che raccoglie le acque del lago cambogiano To Le Sap, e quando il fiume raggiunge il suo livello massimo la natura viene in aiuto e il fiume come miracolosamente inverte il suo flusso riversandosi nuovamente nel lago.
Diventa quindi una vera e propria barriera naturale contro le gravi inondazioni.
Peccato che attualmente in Cambogia c’è in atto un grande disboscamento e ultimamente sono aumentate vertiginosamente le inondazioni nella parte del Vietnam di questo fiume.
Negli ultimi anni, nel periodo delle piogge qui sono avvenute le più importanti inondazioni, e a pagarne il prezzo sono le centinaia e centinaia di vietnamiti.
Alcuni di loro devono forzatamente lasciare le loro case, potendo ritornare solo quando le acque si sono completamente ritirate, e ciò significa dopo parecchi mesi.
Molte case qui sono sulla riva dei fiumi e sono delle semplici palafitte di bambù, in modo che l’acqua non raggiunga l’interno delle abitazioni.
Come vengono inondate le abitazioni, anche molte strade subiscono lo stesso effetto.
I danni causati sono molto elevati, tenendo anche conto della perdita delle coltivazioni del luogo, soprattutto di riso e di caffè.
Ciò che ultimamente viene fatto per cercar di combattere questo problema è la costruzione di migliaia di canali, così gli abitanti si sono anche abituati a spostarsi in barca.
Ma torniamo al nostro giro in barca: una volta usciti dall’hotel, erano circa le 5,45 del mattino, c’era il nostro barcaiolo, simpaticamente lo chiamo così, che ci è venuto a prendere e ci ha condotto per circa cinque minuti a piedi, fino al luogo dove era posizionata la sua barca in legno.
Questa barca era semplice, non colorata, dove sopra ci potevano stare fino a quattro persone sedute,  di cui due davanti e due dietro, più lui che guidava il piccolo mezzo in piedi.
A quell’ora le barche dei turisti erano ancora poche, ma molti erano coloro che navigavano il fiume e per lavoro.
Il nostro barcaiolo si chiamava Hiè o qualcosa di simile, era vietnamita, aveva 39 ani, ma ne dimostrava di più, gli mancavano parecchi denti davanti e anche la parte finale del pollice della mano destra.
L’inglese qui  non è parlato da molti e quei pochi che sanno pronunciare alcune parole le dicono anche male, di conseguenza non è facile farsi capire, ma i gesti e le espressioni del viso e delle mani dicono molto, quindi non ci sono stati problemi.
Ci ha detto che lui non è mai andato a scuola, ha due figlie di 12 e 8 anni e entrambe le vuole mandare a scuola perché trova sia molto utile studiare: io spero per loro che sia davvero così.
Il fiume qui è molto grande, davvero immenso e su questo corso d’acqua si svolge l’intera vita di molte persone.
La prima parte del percorso si svolge lungo il fiume più importante e notiamo subito che nella parte davanti di quasi tutte le barche ci sono disegnati sopra due occhi, che vengono chiamati gli “Occhi del Mekong”.
Il fiume non è molto pulito, anche perché loro ci scaricano tutte le immondizie, comprese le acque nere delle abitazioni o delle baracche.
Ci buttano davvero di tutto e secondo me i segni del degrado sono davvero molti e preoccupanti.
Durante la nostra navigazione per ben quattro volte il nostro barcaiolo, ha dovuto spegnere il motore per tirar fuori dall’acqua la piccola elica perché si era arrotolata intorno molto plastica.
Ma sembrava che non gli importasse molto, per loro tutto ciò era normale, infatti una volta tolta questa plastica che bloccava il girar dell’elica, lui come tutti gli altri, ributtava tutto nel fiume.
Quante e quante volte in altre occasioni ho visto loro mangiare e gettare in mare tutti i resti, compreso anche l’involucro di polistirolo, proprio come fosse un bidone dell’immondizia.
La prima volta che l’ho visto fare, mi è uscito uno spontaneo “Nooooooo!!!!!!!” forse anche in maniera un po’ troppo forte. Ho visto che si sono voltati verso di me guardandomi  dubbiosi, ma non mi hanno detto assolutamente nulla.
Io ero a dir poco indignata, ma per loro era tutto straordinariamente normale, faceva parte del loro vivere quotidiano.
Quante e quante volte mi sono arrabbiata per certi loro comportamenti, ma tanto secondo me, finchè non accade qualcosa di veramente grave non lo capiscono, e in quel momento forse sarà troppo tardi.
Immondizia a parte, vedere l’alba navigando su questi fiumi è stata un’esperienza molto bella e molto emozionante.
Dopo circa un’ora di navigazione arriviamo al primo mercato galleggiante sul fiume.
Solitamente i venditori ormeggiano qui le loro imbarcazioni stracolme di qualsiasi cosa, sono specializzati in una sola specie di frutta o verdura, ma ne ho anche viste altre colme di abbigliamento per uomo, donna o bambino.
 Tra quelli che mi hanno colpito di più c’erano quelle con la stiva stracolma di ananas, o angurie di quelle piccoline verdi, o il pomelo, che è una specie di pompelmo, ma molto più dolce, ci sono anche zucche, cipolle, aglio e molto altro ancora.
I clienti percorrono il mercato a bordo di barche più piccole a motore spento, non hanno difficoltà a trovare ciò che cercano, poiché le imbarcazioni più grandi, appendono un campione delle loro merci su alti pali di legno.
Ma anche qui c’era chi vendeva generi alimentari, dal caffè caldo, alle lattine, acqua, ma anche dolciumi, tra cui una specie di pane carasau, sottile ma fatto con riso, cocco, zucchero e semini vari. Una vera bontà, soprattutto quando non si è ancora fatto colazione.
La nostra visita è continuata in un altro mercato galleggiante, anche qui vendevano di tutto, dalla frutta, incensi, pagliette per piatti, calze, insomma un vero e proprio mercato ma sull’acqua del fiume.
Dopo un po’ percorriamo un canale secondario, passiamo sotto a ponti, dove, se stavamo in piedi, battevamo la testa.
Il colore del fiume non cambia mai, è sempre marrone, anche perché la terra è molto argillosa tra il marrone e il rossiccio.
Le piante d’acqua dolce sono sempre molte e sulle rive del fiume ci sono molti alberi da frutta, soprattutto banani, con il loro particolarissimo e enorme fiore. Era per me la prima volta che vedevo il fiore del banano, davvero molto bello.
Poi ci fermiamo in una specie di bar, dove mi sono presa un thè, da mangiare non c’era un bel niente, anzi appeso ad un chiodo c’era una borsa in plastica che conteneva dei biscotti sigillati singolarmente ricoperti di cioccolato.
Non m’ispiravano per niente, ma io avevo ancora fame, così ho deciso di prenderne uno, l’ho subito assaggiato, ma era veramente immangiabile, il gusto era pessimo e sinceramente chissà da quanti anni erano appesi lì, poi ho visto che c’erano anche le formiche.
Loro solitamente non fanno colazione come siamo abituati noi, la intendono in modo diverso, la loro colazione è molto simile al pranzo o alla cena, mangiano cioè noodles e una zuppa chiamata pho.
In questo bar c’era un acquario con un unico pesce al suo interno, questo era enormemente grande, mai visto un pesce così grande e da solo in un acquario!
Oltre a questo vedo anche una cassetta in legno e guardando al suo interno noto che c’è un grande serpente di color scuro, al suo interno c’era anche il suo pasto, cioè un piccolo topolino vivo che terrorizzato se ne stava fermo in un angolino.
Successivamente, un signore penso fosse il proprietario del locale ha preso il serpente e l’ha portato nel fiume, come se dovesse lavarlo, poi l’ha posizionato sopra la cassetta, lasciandolo lì ad asciugare.
Intanto noi continuiamo il nostro percorso, e il nostro barcaiolo ci porta a piedi in un sentiero in mezzo alla fitta vegetazione a fianco del fiume, proseguendo per circa 5 minuti siamo arrivati fino a quella che è la fabbrica di noodles.
Loro la chiamano fabbrica, ma è una piccola azienda a gestione familiare.
Qui ci hanno fatto vedere i vari trattamenti che subisce il riso prima di diventare un noodles,  abbiamo scoperto che il riso viene messo in grosse vasche di acqua per qualche ora, viene poi filtrato e passato attraverso un macchinario che lo fa diventare una specie di polvere.
Viene poi mischiata con l’acqua facendola diventare una pastella. Successivamente fanno delle specie di crepes tonde che vanno cotte per pochissimi minuti.
Vengono poi messi ad essiccare al sole su delle specie di telati in bambù. Una volta secchi, vengono tagliati finemente ed ecco che diventano i noodles.
Dopo questa visita risaliamo sulla barca e riprendiamo la nostra navigazione sempre sui canali minori.
Intanto il sole era già molto caldo e qui picchia veramente tanto. Per ripararci ci presta uno dei loro classici cappelli a cono che loro indossano sempre, sia sotto il sole che sotto la pioggia. Era  la prima volta che lo indossavano e posso confermare che sono molto comodi e soprattutto freschi.
Intorno alle rive di questi canali e del fiume principale gli abitanti, ci fanno di tutto: ci lavano i piatti, le pentole, fanno il bagno, si lavano i capelli, ma ci buttano dentro anche tutta la loro immondizia, sia quella naturale,  biodegradabile che quella che rimane per anni e anni, senza mai dissolversi, tipo i vari tipi di plastica, ecc.ecc.
La navigazione lungo queste rive è calma, qui nessuno è agitato e tutti i bambini che incontriamo ci salutano con l’unica parola che conoscono in inglese : Hallo!!!
Il nostro barcaiolo ha anche preso dei piccoli pezzi di foglie di palme e con questi ha fatto delle creazioni, tra cui braccialetti, anelli, un paio di occhiali, una girandola, una specie di maschera, una cavalletta e una composizione di fiori.
Successivamente per il pranzo ci fermiamo in una specie di ristorante sul fiume.
Io non avevo voglia di magiare ciò che era proposto cioè: pesce e non avendo altro gli ho chiesto della frutta.
Mi hanno portato un piattino di bananine e dei litchies, mentre mio marito ha mangiato un pesce abbastanza grande e molto buono, chiamato pesce elefante.
Finito il nostro pranzo si prosegue nuovamente verso il dedalo di questi canali minori, ma oramai si sta per tornare verso il nostro punto di partenza.
Al termine del nostro giro al nostro barcaiolo non gli abbiamo dato la mancia, che forse lui s’aspettava, gli avevamo già pagato le bibite durante la giornata e poi in generale i vietnamiti cercano spesso e molto volentieri di fregarti, per guadagnare più soldi, come è successo anche al ristorante dove siamo andati oggi, e noi eravamo anche un po’ stufi di questa storia, anche se ovviamente in questo il nostro barcaiolo non c’entrava proprio niente.
Siamo comunque rimasti soddisfatti del nostro giro sul delta del Mekong, è stata davvero una bella esperienza  che mi rimarrà impressa nel cuore e che ovviamente ripeterei.

giovedì 6 gennaio 2011

Wat Arun

Un altro importante tempio della bellissima Bangkok è sicuramente Wat Arun, chiamato anche Tempio di Dawn o Tempio dell’Alba. Il suo nome proviene da Aruna, il dio indiano dell’alba, risale al XVII secolo  e si trova sul fiume Chao Phraya.
Questo è uno dei tre templi principali di Bangkok con Wat Phra Kaew e Wat Pho.
Questo è tra i più fotografati di tutta Bangkok,  sicuramente è anche quello più pubblicizzato nelle cartoline e nei depliant delle agenzie di viaggio, anche perché si può vederlo già  da lontano grazie all’alta guglia istriata, chiamata prang,  un miscuglio di stile Khmer e thai.
Un tempio che non è molto grande, se paragonato ad altri di Bangkok,  tra l’altro è anche uno dei più turistici e forse anche un po’ inflazionato,  ma rimane sempre un luogo molto importante, un monumento molto particolare che merita una visita.
Il prang principale, il più grande, simboleggia il Monte Meru, dimora degli Dei, mentre i quattro prangs più piccoli, simboleggiano i quattro venti.
All’interno dei quattro prangs più piccoli ci sono delle immagini del Buddha che rappresentano la nascita, la meditazione, la predicazione e l’illuminazione del Buddha.
Intorno alla base dei 5 prangs ci sono delle figure di animali e antichi soldati cinesi, mentre sopra la prima terrazza troviamo quattro statue di Indra, il dio Indù mentre cavalca l’elefante mitologico Erawan.
Il tempio è molto antico, infatti risale al periodo Ayuthaya. Il re Taksin a quell’epoca  fece costruire un palazzo reale,  e un tempio , Wat Arun,  qui fu anche custodito  il famoso Buddha di Smeraldo, rendendo questo luogo molto famoso e venerato, ma nel 1784 fu spostato a Wat Phra Kaew.
La costruzione di questi prangs iniziò nel secolo XIX, nel regno di Rama II, ma fu terminato solo da Rama III.
Le misure esatte di questo alto prang, non si sanno,  le fonti della Thailandia indicano 194 mt, mentre molte altre la citano come alta 80 – 85 mt.
Intorno ci sono altri quattro prangs più piccoli, e tutti sono decorati con tantissimi cocci cinesi e con piastrelle in ceramica smaltata, porcellana, ma anche molte conchiglie, tutto questo materiale erano usato come zavorre portate dalle molte imbarcazioni che partivano dalla Cina per raggiungere Bangkok. In questo periodo era solito vedere decorazioni simili, proprio perché le porcellane arrivate fino a qui erano molte, questo è lo stile chiamato Ratanakosin.
A quell’epoca si doveva usare tutto ciò che era possibile, si recuperava tutto, anche i cocci per le zavorre delle navi.
Sul lato di fronte al fiume ci sono sei sale tutte in stile cinese, fatte in granito verde con dei ponti levatoi.
Consiglio anche di entrare per una visita all’interno del bot, qui c’è un’immagine del Buddha Niramitir. Si dice che questa statua fu disegnata proprio da Re Rama  II nel XIX sec, mentre le pitture sui muri appartengono al regno di Rama V, molto bella è la figura del principe Siddharta, che possiamo vedere dipinta.
Le ceneri di Rama II, sono conservate proprio sotto la statua principale del Buddha.
Gli interni delle guglie e del prang sono  tutte decorate e colorate con svariati colori.
Dietro ai prang c’è il bot vero e proprio, è molto bello e la parte interna è decorata come i prang, cioè con pezzetti di porcellana smaltata coloratissima. Tutto intorno c’è un  giardino molto  ben curato.
Un tempio che è avanti con i tempi, infatti fu il primo che nel 2005, ordinò il primo monaco occidentale.
All’ingresso ci sono due grandi guardiani del tempio,  e rappresentano delle figure del Ramayana, uno di color bianco e l’altro di color verde. Sono davvero impressionanti, e in qualche modo possono ricordare quelli che ci sono al Wat Phra Kaew.
Se si vuole si può anche salire per una parte sul prangs principale.
Qui ci sono 3 livelli, che si possono raggiungere, ma attualmente si può salire solo fino al primo.
La scala è ripidissima e molto stretta, assomiglia molto a  come quelli che ci sono  in Cambogia, fa quasi paura. Non tanto nel salire, ma il problema si presenterà nello scendere, ed è meglio non guardare in basso, io l’ho fatto, ma che paura che ho avuto, lo ricordo ancora molto bene.
Consiglio di mettersi un paio di scarpe comode, se abbiamo i lacci facciamo attenzione che questi siano ben legati, e  vestiamoci in modo adeguato. In ogni caso una volta che saremo in cima la visione di del fiume Chao Phraya e della città intorno è spettacolare.
Il momento migliore per visitare questo tempio e per fare le più belle foto di Wat Arun, è alla sera, quando c’è il tramonto, tra le ore 6 e le ore 7. Solo in questo momento è possibile vedere il cielo con le varie sfumature di rosso, mentre il sole  tramonta lentamente dietro al tempio, uno spettacolo davvero molto bello.
Se si vuole sul lato opposto del fiume  Chao Phraya,  di fronte Wat Arun, ci sono dei comodi e buoni ristoranti, in modo da ammirare questo spettacolo seduti comodamente al tavolo, anche questo è molto bello e rilassante.
Consiglio, se potete di fare una crociera sul fiume di sera, dopo il tramonto quando è tutto illuminato, un vero spettacolo di luci e suoni davvero sorprendente.
Quando ci recheremo verso l’uscita, bisogna fare un viale dove ai suoi lati ci sono molte bancarelle con i classici souvenir del luogo, moltissime le statuette del Buddha e varie le sue effigi.
Per arrivare al Wat Arun, bisogna attraversare il Chao Phraya, la partenza del molo è a Tha  Tien che è a sud ovest del Grand Palace o Wat Phra Kaew. I traghetti express, partono ogni 10 minuti circa.
Se si vuole prendere l’autobus, si arriverà con il nr 1, 25, 44, 47, 62 e 91, tutti fermano in strada Maharat.
Quasi tutte le escursioni sui canali navigabili fermano anche in questo tempio .
Wat Arun è aperto tutti i giorni dalle 8,30 alle 5,30.
Il costo del biglietto d’ingresso è, come sempre irrisorio, circa 20 bath, mentre il prezzo del battello è di circa 4  bath.