domenica 10 ottobre 2010

Palazzo Reale - Torino

Il Palazzo Reale di Torino è un’importante residenza sabauda.
E’ situato nel centro della città, nell’antico centro storico di Torino, in piazza Castello.
Qui confluiscono le importanti Via Roma, Via Pietro Micca,  Via Po e Via Garibaldi, che è la più lunga strada pedonale d’Europa.
La facciata di questo palazzo si apre di fronte a Piazza Castello, dove troviamo molti altri edifici storici molto importanti, tra cui Palazzo Madama, proprio nel centro della piazza.
A partire da sinistra all’angolo con Via Garibaldi, segue la sede della Regione Piemonte,  la bella e soprattutto ricca chiesa Real di San Lorenzo, dove anticamente era custodita la Sacra Sindone.  Quindi c’è la cancellata di Palazzo Reale. Proseguendo sempre verso destra c’è la biblioteca reale e affianco il grandioso Teatro Regio.
Il Palazzo Reale è collegato con altri edifici presenti nella piazza, in modo da farne una specie di edificio unico, tra cui c’è proprio la Real Chiesa di San Lorenzo, in cui anticamente i reali, per arrivare alla funzione, avevano un passaggio interno che portava proprio all’interno della chiesa.
Questo palazzo come anche la piazza adiacente, fu progettata da Ascanio Vitozzi, tra la fine del 500 e i primi del 600. Dopo la sua morte i lavori furono dati a Carlo di Castellamonte, successivamente nel 700 fu anche chiamato l’architetto Filippo Juvarra, che oltre a  Palazzo Reale fece molti altri edifici.
Molti sono i grandi nomi di coloro che contribuirono alle modifiche di abbellimento e alla restaurazione di questo splendido palazzo che attualmente rientra tra i beni dell’Unesco come Patrimonio dell’Umanità, tra cui si può ricordare Carlo Morello, Daniel Seiter, Guarino Guarini, Filippo Juvarra, Ernesto Melano, Palagio Palagi, André Le Notre e Domenico Ferri.
Attualmente il Palazzo Reale è uno splendido museo, con dei fregi in oro, mentre ai due lati ci sono dei grandi cavalli.
Palazzo Reale è ancora molto bello e ben conservato, il suo interno è ricco di belle decorazioni e dipinti, arazzi, bellissimi pavimenti e molte porcellane e cristalli, tutti di notevole importanza e molto preziosi.
Per arrivare all’entrata si deve superare una bella cancellata verde,  poi si percorrerà l’ampio spiazzale contornato da grandi vasi di fiori, finchè non si arriva ad un portico, dove sulla sinistra, troviamo uno scalone,  l’ingresso del museo e la biglietteria.
Palazzo Reale fu un palazzo destinato alle residenze sabaude, infatti qui soggiornarono i duchi di Savoia, ma anche i Re di Sardegna e i successivi Re, fino all’arrivo dell’Unità d’Italia.Attualmente si possono visitare gli appartamenti reali e le cucine.
Salendo al primo piano per prima cosa vediamo il Salone degli Svizzeri, con alcuni fregi e dipinti della stirpe Sassone di Vitichindo, antichi antenati dei Savoia.
Successivamente troveremo la sala dei corazzieri o delle Dignità dove qui si possono notare degli splendidi arazzi del 1695 circa.
Molto bella anche la sala degli Staffieri, soprattutto per il suo splendido soffitto tutto intagliato e dorato, ma anche con importanti arazzi.

Il gabinetto Cinese è stata una di quelle stanze che mi sono piaciute di più, infatti è completamente rivestito di lacche orientali e splendidi stucchi, in modo da ricordare il tanto amato oriente.
Anche la Galleria del Daniel è molto importante, molto bella e sfarzosa, e si dice che per la sua bellezza può essere paragonata alla fantastica galleria degli specchi di Versailles.
Anche la sala del trono e l’appartamento del Re sono splendidi, anche questi con fregi molto sfarzosi, degni di un vero re.
Il Juvarra, oramai è diventato architetto di fiducia del re e anche qui a Palazzo Reale, notiamo che c’è il suo tocco d’artista. Le scalinate delle forbici, così chiamate sono in marmo bellissime e grandiose, sembrano librarsi leggere verso l’alto.
Io ho visitato questo grandioso palazzo da poco e non immaginavo di trovare così tanto sfarzo, splendore e grandiosità, in tutte le stanze e in tutti gli arredi interni.
Bellissimi e antichi i molti arazzi e dipinti che troviamo al suo interno.
Per effettuare una degna visita in questo splendido palazzo del re, ci vogliono almeno due o tre ore, quindi organizzatevi di conseguenza.
Sul retro del palazzo ci sono anche dei bei giardini Reali, dove in estate è anche sede di punti verdi.
I punti verdi sono aree organizzate dal Comune, nei parchi cittadini, dove si svolgono molteplici attività culturali, tra cui concerti, spettacoli teatrali, conferenze, cabaret, ecc.
Arrivando al cortile, sotto i portici, sulla sinistra possiamo anche trovare la bellissima caffetteria Reale, ricchissima di argenti e cristalli appartenuti ai reali di Savoia attualmente in esposizione.
Ma di questa caffetteria ne parlerò in separata sede.
Per concludere non posso far altro che consigliarvi una visita in questo bellissimo palazzo e museo degno di qualsiasi re.

L'antica stazione di Kuala Lumpur


Questa è la vecchia stazione di Kuala Lumpur.
E’ situata in centro vicino alla zona di China Town in Jalan Sultan Hishamuddin.

E’ stata la stazione principale di tutta la penisola fino al 2001, peccato che successivamente gran parte del traffico ferroviario è stato spostato nella nuova stazione di Kuala Lumpur, che è situata vicino alla zona dei mattonifici, a circa 1 chilometro dalla vecchia stazione.

Dal 1995 qui c’è l’accesso ai servizi KTM komuter e ai treni dei pendolari.

Questa antica stazione è stata completata e perfettamente funzionante dal 1910 e quando la costruirono non era l’unica della capitale ma ce n’erano in funzione altre due.

L’edificio è davvero molto bello ed è in stile Mughal , con un’architettura molto particolare.
Il suo stile architettonico è molto bello ed è un mix tra i disegni occidentali e orientali.

Precedentemente questo era l’edificio più importante e anche il più fotografato sia dai turisti che dai malesI, prima della costruzione delle famosissime Petronas Tower.

Chi progettò questa splendida stazione fu l’architetto Arthur Benison Hubback, ed è stata costruita in sostituzione di un’altra posta nello stesso punto.

L’architetto Arthur Benison Hubback studiò e lavorò molto tempo in India e oltre a questa bellissima stazione progettò anche la Masjid Jamek, una delle più importanti moschee di Kuala Lumpur , dove il suo stile ricorda molto quello della stazione. Oltre a tutto ciò Arthur Benison Hubback progettò anche l’Old City Hall, l’Old Hight Court, gli uffici della ferrovia di Selangor che attualmente sono sede del museo del Tessuto, la stazione ferroviaria di Ipoh e la Masjid Kuala Kangsar’s Ubudiah.

Nel 1986 questa famosissima stazione è stata ristrutturata e di conseguenza nel tempo ha subito alcune modifiche con nuove strutture. Attualmente è dotata di aria condizionata, di sale d’attesa, di un ufficio informazioni turistiche, qualche snack bar, uffici e numerosi spazi commerciali.

Nella parte opposta alla strada sulla sinistra, c’è un altro edificio che è la sede centrale della KTM, anche questo se siete nei paraggi meriterebbe almeno una breve visita.

Ora in una parte di questa stazione c’è un albergo il Beni Station Hotel che ha un fascino coloniale molto particolare, è dotato di 170 stanze tutte con il bagno privato, mentre dal 2007 c’è anche la sede del museo della ferrovia.
Attualmente in questa splendida stazione vengono presentate importanti mostre e sta diventando un centro culturale abbastanza importante nella città.

Nel 1967 la parte nord della stazione è stata destinata a uffici e le due parti sono state chiuse con delle grandi finestre e verande. Nel 1986 ha nuovamente subito una ristrutturazione subendo molti ammodernamenti.

Attualmente le piattaforme laterali sono assegnate soprattutto al trasporto merci e al loro carico e scarico, i passaggi qui sono totalmente scomparsi, mentre l’isola è dedicata alla KTM Comuter.

Questa stazione essendo così bella, merita davvero una visita, anche se breve.

sabato 9 ottobre 2010

Van Mieu - Tempio della Letteratuta - Hanoi


L'ingresso del Tempio della Letteratura
Il tempio che in assoluto mi è piaciuto di più in assoluto, durante il nostro soggiorno ad Hanoi, è stato il tempio della Letteratura o Van Mieu.
Il tempio si trova nel distretto di Dong Da, a circa 2 chilometri ad ovest della zona vecchia e noi anche qui ci siamo andati a piedi, con il solo aiuto di una cartina della città, non nego che a volte non è stato molto semplice riuscire ad orientarsi.
Anche qui, come in tutti gli altri importanti templi visitati dai turisti, all’ingresso c’erano numerosi e assillanti venditori di T-Shirt, cappellini e altre cose, compreso i vari tuc tuc che in continuazione ti vogliono portare da qualche parte.
Tra le particolarità che ho notato percorrendo le mura di cinta  in mattoni rossi, è che c’erano alcuni barbieri per uomo sulla strada. Sì, avete capito bene, sul marciapiede ci sono dei barbieri, con tanto di sedia comoda, ombrellone per riparare dal sole e dalla pioggia improvvisa, il  phon e tutto l’occorrente, ho trovato il tutto davvero molto simpatico e particolare.
Ritornando al nostro tempio l’ingresso era di 10.000 dong, e  se si vuole si può anche richiedere una guida in lingua inglese.
All’ingresso principale, quello su P Quoc Giam c’è un grande cancello, sul quale c’è scritto in caratteri cinesi : E’ richiesto a tutti i visitatori di scendere da cavallo prima di entrare e questo dovevano farlo tutte le persone di tutti i ranghi, i Mandarini compresi.
Questo tempio è uno dei pochi rimasti che hanno la classica architettura vietnamita e quando si entra si attraversano ben cinque cortili, di cui molti ai lati hanno degli stagni con tartarughe e grandi carpe rosse e nere.
Il tempio è molto ben conservato ed è un vero e proprio rifugio al frenetico e chiassoso traffico cittadino.
Van Mieu è molto antico e fu fatto costruire nel 1070 dall’imperatore Ly Than To per rendere omaggio a studiosi e letterati vietnamiti e fu consacrato a Confucio (Khong Tu).
E’ stato costruito sulla base di quello di Qufu, in Cina, dove nacque Confucio, con gli stessi cortili simmetrici che circondano il percorso centrale.
Nel 1076 fu dichiarata la prima università vietnamita, chiamata Scuola per i Figli della Nazione (Quoc Tu Giam), all’inizio era solo per i principi e per i figli dei Mandarini, ma successivamente nel 1442 potevano entrare tutti i migliori studenti , ma solo per i più brillanti.
Arrivavano da tutto il Vietnam, fino qui ad Hanoi per studiare la letteratura, la poesia, la dottrina del  confucianesimo e le discipline del buddismo, in modo da riuscire a diffondere in maniera corretta gli insegnamenti.
Per entrare bisognava aver superato un rigoroso esame sostenuto a livello nazionale.
In questo tempio posizionate sui due lati ci sono 82 steli  che sono sostenute da altrettante sculture rappresentanti delle tartarughe  giganti tutte diverse tra loro che sono considerate i tesori più importanti di tutto il tempio.
Noi anche qui, abbiamo visto una coppia di giovani sposi che stavano facendo le foto del loro matrimonio: effettivamente questo è un luogo molto affascinante.
Le steli furono state fatte posizionare dal 1484 dall’imperatore dell’epoca : Le Thang Tong.
Qui ci sono incisi  i nomi, i luoghi di nascita e i risultati finali dei partecipanti ai concorsi triennali di dottorato, molto meglio di un pezzo di carta !
La stele più antica risale al 1442, mentre la più recente è del 1779, in tutto ci sono ben 2313 persone che si sono aggiudicate il titolo di Tien Si, e sono coloro che hanno superato con successo i 4 esami reali.
Purtroppo con il tempo e le numerose guerre molte di queste lapidi sono andate distrutte e sono rimaste solo queste 82 che possiamo vedere ancora oggi.
Se ne sono salvate altre 30, ma queste sono rotte e crepate e non sono messe con le altre in vista.
Anche le varie iscrizioni, tutte in lingua cinese, con il tempo stanno diventando illeggibili. Tra tutti ci sono anche nomi molto importanti tra cui lo storico Ngo Sy Lien , molti matematici e poeti.
In passato questo Tempio della Letteratura era il più importante sia perché era il centro di studio del confucianesimo, ma anche perché era la sola via per diventare un Mandarino.
Il Tempio  della Letteratura è formato da 5 cortili, tutti separati da mura, dove intorno di sono dei bellissimi giardini e molti padiglioni.
Nella prima c’è il cancello con la scritta Van Mieu Mon che significa Discepolo del Tempio della Letteratura, e i due draghi in pietra, come voleva la dinastia Ly.
Proseguendo nella seconda parte ci sono delle piccole porte su entrambi i lati, e si arriva a Khue Van Cac o Padiglione della Letteratura, dove ci sono anche due piccole porte.
La terza parte si divide in Khue Dal Thanh Van Dai Mon o Porta di Gran Sintesi, dove c’è un grande laghetto quadrato con moltissime tartarughe e carpe, l’altra parte è Tien Quang Tinh o Stagno Celeste della Celeste Chiarezza, il tutto circondato da mura.
Le antiche steli
Qui, ai lati ci sono i padiglioni dove ci sono tutte le 82 steli.
Superata anche questa porta si arriverà in un ampio cortile, chiamato il Cortile dei Saggi, qui si deve superare la Porta di Grande Successo o Thanh Dai, fiancheggiata da due padiglioni, dove un tempo erano posizionati  gli altari dove gli studiosi potevano adorare i 72 discepoli di Confucio.
Questa è la Grande Casa delle Cerimonie e proprio qui i nuovi dottorandi sarebbero dovuti venire a rendere omaggio a Confucio.
Da quanto è stato tramandato  qui sarebbe venuto anche il Re per rendere omaggio al grande maestro Dai Thanh Lun. Sopra l’altare c’è un pannello in legno dove c’è scritto, sempre in caratteri cinesi: “Maestro delle Diecimila Generazioni”.
A nord del cortile Thai Hoc, c’è una grande e pagoda davvero molto bella  con una statua di Confucio, rappresentato con il pizzetto nero, in abiti rossi con ai lati i quattro suoi discepoli più vicini : Tu, Tu Tu, Tang Tu e Tu-Manh.
Particolarità di questo ed altri templi e che i fedeli che vengono qui a porre le loro offerte lasciano anche i soldi a fianco alle statue, spesso ce ne sono parecchi, ma nessuno ha mai rubato assolutamente nulla e questo trovo sia un segno di grande rispetto e ammirazione.
Le antiche steli

Qui si può anche ammirare una campana risalente al 1768 e a molti altri oggetti preziosi.
La quinta sezione, che si trova nella parte posteriore della zona di Bai Dai è il vero e proprio college della dinastia Ly. Quando la dinastia Ngyen ha spostato l’università a Huè.
Questa ampia zona quando era trasformata in un grande tempio dedicato ai genitori di Confucio, chiamato Khai Thanh.
Quando questo tempio è stato utilizzato come università, ospitava delle aule, delle strutture abitative, ma anche una sala adibita alla stampa.
Il vecchio edificio dell’università è stato distrutto durante la guerra, ma nel 2000 è stato ricostruito in maniera splendida.
Sono stati utilizzati materiali autentici e sono stati fatti molti restauri, in modo da far risplendere nuovamente questo fantastico tempio , in modo da arrivare pronti al 2010, quando la città di Hanoi festeggia i suoi 1000 anni, e confermo che sono portati davvero molto bene.
I colori predominanti come in molti templi simili, sono il rosso, il giallo e il color oro.
Anche in questo tempio non mancano i negozi di souvenir, qui li troviamo tutti nel cortile Thai Hoc.
Ai lati nell’ultimo padiglione ci sono  sempre i soliti souvenir per turisti e una serie di libri più disparati, che non c’entrano nulla con il contesto del tempio, ho visto libri su Bill Gates, Gorbaciov, cucina vietnamita, libri sui segni zodiacali cinesi, qui c’è anche uno sportello bancomat : un vero  misto tra sacro e profano.
Il tempio della Letteratura è uno dei migliori esempi di architettura tradizionale vietnamita ed è un tempio molto importante sia storicamente che architettonicamente.
L’unico neo di questo luogo sono i tanti turisti, molti arrivano direttamente con i pullman e ogni giorno ne arrivano a centinaia, proprio per questo io consiglio di visitarlo al mattino presto, nell’ora di pranzo o al tramonto,  quando il momento è  più tranquillo. In questo modo si può godere di tutte le qualità di questo splendido luogo intriso di echi di studiosi del passato immersi nella ricerca dell’illuminazione.











domenica 3 ottobre 2010

Orto Botanico

Oggi vi voglio parlare di un grande parco che è nella mia città, Il Parco del Valentino, a Torino.
Non è il più grande della città, perché il suo primato spetta al Parco della Pellerina, ma sicuramente è il più bello.

Il parco è chiamato così proprio perché le reliquie del Santo del ‘200 erano contenute in una chiesetta adiacente al Parco, successivamente questa chiesetta è andata distrutta e le reliquie sono state trasferite nella chiesa di S.Vito, che è nella collina vicina.

Questo grande parco è situato quasi nel centro della città, adiacente al Po. E' molto semplice da raggiungere, infatti dalla famosa Piazza Vittorio, si può anche andare a piedi, si superano i Murazzi del Po, e subito dopo vedremo un grande parco… quello è il Valentino.

Il parco è molto importante anche a livello nazionale, infatti è unico del nel suo genere, ospita alcuni edifici di pregio e grandi opere, tra cui il Castello, il Borgo Medioevale, Torino Esposizioni, la società di scherma di Torino. situata all’interno di Villa Glicini, per ultimo vi è anche il Giardino Roccioso e l’Orto Botanico, di cui vi parlerò ora.

I miei ricordi relativi a questo parco partono proprio dalla mia fanciullezza, questo perché quando ero piccolina, io abitavo abbastanza vicino e i miei genitori mi portavano sempre, i questo parco infatti in settimana è frequentato soprattutto dai residenti della zona, mentre il fine settimana troveremo soprattutto i residenti delle zone vicine. Nel week end è davvero un luogo dove si rifugiano molti torinesi e non.

Il fiume Po divide il parco del Valentino con il suo orto botanico dalla ricca collina.

Una visita in questo parco vi porterà sicuramente all’orto Botanico, che dal 1983 fu trasformato in sede del Dipartimento di Biologia Vegetale dell’Università di Torino, uno dei principali centri di studio sulla botanica.

Un luogo dove possiamo trovare varie collezioni di piante vive, molto antiche, alcune risalgono anche al 1560. In questo modo si è potuto studiare il loro evolversi nel tempo, ma la fondazione dell'Orto Botanico risale al 1729 con un Decreto emanato da Vittorio Amedeo II, ed è una di quelle poche cose che sono rimaste quasi immutate nel tempo.

Attualmente le specie ospitate nei vari settori dell'Orto sono circa 6000, e la sua estensione è di 30.000 mq.
La storia delle piante che qui sono studiate si trovano nei 65 volumi dell’Iconografia Taurinensis, e comprende ben 7640 tavole acquerellate tra gli anni 1700 e 1800, questo è uno di quei motivi per cui questo Orto Botanico ha un’importanza internazionale.

Qui c’è anche una Biblioteca molto ricca, contenente oltre 50.000 volumi, tra cui le tesi di Biologia e Biotecnologia dei funghi presenti in Italia.

Alla nascita di questo orto venivano coltivate piante officinali e medicinali, studiatie in medicina.
Qui possiamo vedere quattro grandi serre dotate di acclimatizzazione, una accoglie le piante con micorrize, una simbiosi tra funghi e radici, mentre altre due sono suddivise tra la zona Tropicale e quella Africana con le piante succulente.

Le piante succulente, dal nome così particolare non sono altro che quelle più richieste come piante ornamentali, le famose piantine grasse che molti di noi abbiamo in casa.
Questa serra è stata realizzata nel 2007, e al suo interno possiamo trovare ambientazioni con scenografie particolari delle foresta equatoriali.

Molte di queste specie sono abbinate a una particolare formazione rocciosa, molto somigliante al loro habitat naturale, con rocce e sassi delle relative aree in cui queste nascono e vivono.
Molto belli e grandi le famiglie di cactus e di agave.

L’orto aderisce al Botanic Garden Conservation International che è inserito in un programma di mantenimento della biodiversità delle varie specie attualmente in estinzione.

Quando entreremo per visitarle, il profumo delicato e fresco dei fiori ci inonda e verremo dolcemente travolti da queste splendide profumazioni.

Al suo interno troveremo moltissime piante, alcune molto ricercate, provenienti da zone lontane. Vi è anche una zona dedicata esclusivamente alle piante officinali, qui molto studiate sono le varietà di mentha piemontese.

Tra le particolarità è che possiamo vedere la stessa specie di fiori sia nella versione maschile che in quella femminile, in modo da poterne ammirare la loro diversità, sia nei colori che nelle varie forme dei loro fiori.
Qui c’è anche un boschetto, nato pensate un po’ nel 1830, dove possiamo visitare una la zona dedicata alla Pianura Padana, grande importanza hanno l’Abete bianco, l’Abete rosso e il Faggio, ma troveremo anche molte specie esotiche citate anche nelle Sacre scritture.


Nel boschetto vi è anche un piccolo stagno.

L’erbario contiene 700.000 esemplari ed è il più importante d’Italia, dopo quello di Firenze.
Molto belle le aiuole, che sono suddivise in famiglie, importanti sono le Peoniaceae e delle Ranunculaceae, ogni anno tutte queste aiuole vengono raggruppate in maniera sempre diversa.
Alcune di queste aiole qui presenti sopportano anche molti gradi sotto zero, il problema qui è solo l’umidà che crea alcune muffe.

E’ un luogo molto antico, infatti fu fondato nel 1729 e già nel 1820 vi erano già sia l’edificio con l’aranciero, che la serra calda e l’erbario.

Ma ci sono anche alcune collezioni di piante vive, che risalgono anche al 1560.
Da circa una decina d’anni qui c’è anche un percorso creato apposta per ipovedenti e non vedenti, integrato con cartelli e vari disegni , ovviamente tutte le scritte sono in Braille.

Se si vuole, all’ingresso si può richiedere una visita guidata, ma solo nei giorni di sabato, domenica e nelle giornate festive.

Io vi consiglio di visitarlo nel periodo primaverile o estivo, secondo me questo è il periodo migliore, perché i fiori sono già sbocciati, e in questo modo possiamo ammirare quanto di più bello questo orto ci può offrire, ma riusciamo anche ad assaporare i dolci profumi dei suoi fiori.

Un luogo che merita di essere visitato, in quanto riesce a soddisfare il nostro olfatto, la nostra vista e anche il nostro cuore, un animo gentile non può non amare i fiori e le piante.

Il costo del biglietto d’ingresso è di 3,00 € a persona.


L’orto Botanico è in Viale P.A. Mattioli 25 – Torino

tel. 011 / 0116705985
fax 011 / 6707459

Palenque

Durante il mio viaggio in Messico, tra i molti luoghi che abbiamo visitato c’è anche il sito di Palenque nella regione del Chiapas a 150 Km da Villahermosa.
La nostra sosta in questa cittadina è stata abbastanza breve, di solo due giorni, dovevamo ancora fare molta strada, dato che il nostro obiettivo era quello di arrivare in Guatemala.
Eravamo molto stanchi dal viaggio fatto fino a questo momento, ma essendo in questa splendida città non potevamo non andar a visitare queste antiche rovine, tra le più importanti e tra le più visitate di tutto il Messico.
Palenque è sicuramente una tra le città maya più affascinanti. Anche queste rovine, come moltissime altre, sono state inghiottite dalla fitta vegetazione per quasi un millennio.
Il sito è  di dimensioni inferiori a quelle che si trovano nello Yucatan, ma sono molto belle per il loro livello artistico, per le decorazioni  e per i molti stucchi.
Sono templi molto belli e possono in qualche modo ricordare quelli che ci sono in Cambogia, mentre le camere di sepoltura, nel Tempio delle Iscrizioni possono ricordare le moschee del Medio Oriente.
La città era abitata molto tempo prima dell’era cristiana. Il suo massimo splendore lo raggiunse nel periodo tra il 600 e l’800, diventando una città potente e indipendente. Il suo dominio era molto vasto tanto  da  estendersi fino a gran parte del bacino del fiume Usumacinta.

Questo importante centro fu abbandonato nello stesso periodo in cui il Medioevo stava terminando .
Questi resti Maya furono ricoperti dalla fitta vegetazione pluviale e nel 1940 furono iniziati i lavori di restauro di queste splendide rovine, ma ancora oggi molte cose sono da fare per riportare alla luce i vari resti e tumuli soffocati dalla vegetazione e sparsi ancora nella fitta foresta.
A Palenque c’è un grande parco Nazionale che occupa 2000 ettari di foresta. Qui si possono ancora trovare giaguari, pecari, scimmie urlatrici e molti altri animali selvatici.
Purtroppo il loro futuro è estremamente a rischio: il parco è troppo piccolo per assicurare la sopravvivenza di tutti gli animali e la foresta intorno sta subendo un inesorabile e troppo celere processo di disboscamento.
L’ingresso alle rovine si trova di fronte ad una torre di ben quattro piani chiamata Il Palazzo.
Questa è una costruzione unica nella storia dell’architettura Maya e non si capisce ancora adesso quale sia stata la sua esatta funzione, ma si pensa che fosse usata come osservatorio o come posto di avvistamento.
Molto famosi sono i templi intorno al cortile principale del Palazzo, dove ci sono moltissimi esempi  di raffinatissimo stucco modellato.
Uno di quegli esempi di cui Palenque ne deve andare fiero.
Molto bella è anche la scalinata impreziosita da ornamenti e scende fino verso il cortile orientale.
I muri del Palazzo e tutti i vari pilastri che fanno da supporto,  conservano ancora le preziose pitture murali e dei mascheroni in stucco, mentre all’esterno quasi tutte le pareti sono decorati con grandi pannelli scolpiti con figure divine e di dei.
Vicino al Palazzo si innalza una piramide molto ripida che misura circa 21 metri d’altezza, coronata dal tempio più importante, il Tempio delle Iscrizioni.
All’interno di questo grande muro centrale, nella camera più grande, troviamo tre grandi lastre in pietra che sono ricoperte da 620 geroglifici tutti relativi al calendario Maya, che ora sono quasi tutti tradotti.
Ma la cosa più importante, il tesoro più prezioso contenuto all’interno della piramide,  è la tomba di Pakal, la cui camera di sepoltura è nascosta nel centro e fu scoperta molto tardi, soltanto nel 1952.
Per raggiungerla bisogna percorrere una ripida e anche angusta rampa di scale che parte dalla base della piramide e scende per ben 18 metri di profondità, il tutto ancora ad un livello inferiore della piramide stessa.
Una volta tutto il percorso era completamente ostruito da terriccio e pietre, per sgomberare tutto ciò ci vollero ben 3 anni di duro e minuzioso lavoro.
All’interno della cripta c’è il sarcofago, è davvero pesantissimo, infatti arriva fino a 5 quintali ed è scolpito e inciso in maniera fine, mentre le decorazioni illustrano la discesa agli inferi del defunto.
Questo sarcofago racchiudeva i resti completamente ricoperti di giada, lui era il più importante sovrano della città di Palenque, il re-sacerdote Pakal, vissuto tra il 603 e il 684 d.c. e salì al potere quando era giovane, il 29 Luglio 615.
Durante il suo regno Palenque diventò una città importantissima una vera e propria potenza dominante delle terre basse sudoccidentali Maya.
Tutte queste informazioni siamo riusciti a saperle solo dopo che alcuni studiosi, tra cui anche  Wolfgang Gockel hanno  decifrato le scritture di Palenque.
SI è capito che la città è stata strutturata in maniera quasi moderna, ma molto tormentata da ampie lotte di potere, vari intrighi di corte e grandi catastrofi naturali.
Molti resti che furono trovati in questo sarcofago sono custoditi a Città del Messico nel Museo Nacional de Antropologia.
La zona archeologica è attraversata da un fiumiciattolo e dall’altro lato si trovano ancora parecchi edifici più piccoli dei precedenti già descritti e molto distanziati tra di loro.
Dalla grande piramide si può raggiungere prima il Tempio del Sole, mentre sul lato nord di questo, c’è una struttura chiamata Edificio XIV, in cui possiamo vedere un raffinato e eccellente bassorilievo con un principe che riceve le varie offerte da una donna in posizione umilmente genuflessa.
Dietro a tutto ciò possiamo trovare il Tempio della Croce e verso sud c’è il Tempio della Croce fogliata, mentre il Tempio del Giaguaro lo troviamo sul fianco della collina a circa 500 metri sempre verso sud, seguendo il fiumiciattolo, anche se questo tempio è  immerso nella giungla.
Da qui c’è anche un sentiero in cui si può scendere lungo il torrente fino ai templi , verso il gruppo del Nord, dove c’è anche il Cortile del gioco della palla.
Qui c’è anche un piccolo museo, dove sono custodite varie maschere in stucco e svariate sculture, tutte recuperate tra queste rovine.
Se desideriamo visitare Palenque, possiamo dormire in uno dei molti alberghi che ci sono nella zona.
Li possiamo trovare già a 4 Km da queste splendide rovine. Ce ne sono per tutte le tasche, dagli alberghi di lusso ai bungalow con i tetti di paglia o in legno.
Un altro sito  non troppo distante da Palenque, è Agua Azul, un luogo davvero molto affascinante e famoso proprio per le sue acque azzurre, limpide e le sue ampie cascate. Se avete tempo vi consiglio davvero di andarlo a visitare e trovo sia anche un luogo molto rilassante.
Palenque si può raggiungere sia in aereo, fino a San Cristobal de las Casas, in treno con la linea Coatzacoalcos – Mérida, oppure come abbiamo fatto noi con gli autobus pubblici di linea.





venerdì 1 ottobre 2010

Ponte Tibetano Cesana - Claviere





Le nostre montagne hanno davvero tante bellezze e tante spettacolarità da regalarci e se volete provare dei brividi non potete far altro che percorrere il ponte tibetano più lungo del mondo (almeno fino ad ora).

Nell’alta valle di Susa, nelle montagne torinesi, tra Cesana e Claviere, a mt 1750 quasi al confine con i nostri amici francesi, la natura ci regala le gorge di San Gervasio, dove,nel 2006, hanno aperto il ponte tibetano.


Il ponte è sospeso a 30 metri d’altezza, mentre sotto scorre il torrente piccola Dora. E’ lungo 478 metri, successivamente ne troviamo un altro lungo 80 metri, con un'unica campata, sospeso a 80 metri d’altezza.
Poco prima di arrivare nel paese di Claviere, sulla destra c’è uno spiazzale dove si parcheggiano le auto, qui c’è anche una piccola casetta in legno che è la biglietteria e il punto d’informazioni.

Il costo del biglietto è di 8 Euro a persona e per percorrerlo c’è bisogno dell’attrezzatura, che è poi la stessa che necessita per percorrere la strada ferrata e cioè : un’imbragatura per l’arrampicata, un dissipatore e due cavi con due moschettoni di sicurezza a norma, che ci tengono sempre legati al filo d’acciaio, mentre il caschetto è obbligatorio solo se si percorre la strada ferrata.

Se tutto ciò non lo possediamo lo si può affittare al costo di 5 € a persona.

Qui, il personale che gestisce e le guide alpine di Bardonecchia ci aiutano e ci controllano che l’imbragatura sia messa correttamente e stretta al punto giusto, in più ci danno tutte le informazioni per goderci al meglio questa splendida avventura.

Poi a piedi si percorrerà un breve tragitto di circa 15 minti prima in salita, fino alla cappella di San Gervasio, poi tutto in discesa di circa 100 metri per arrivare alle gorge e alla casetta in legno dove c’è la partenza del ponte.

Questo lungo ponte è diviso in più campate e la prima passerella sicuramente è quella che ci farà più impressione, perché oscilla abbastanza ed è quella che attraversa da una parte all’altra delle gole.

Per me era la prima volta che percorrevano questo ponte, anche se erano anni che lo volevo fare e, appena ho messo il piede sul primo pezzo, non nego che mi tremavano perfino le gambe, anche se poi è diventato tutto molto naturale.


Non c’è alcuna paura di cadere, i sistemi di sicurezza sono ottimi, ai lati abbiamo i mancorrenti dove tenerci e sopra di noi c’è un cavo dove ancoriamo i nostri due preziosi moschettoni. Dobbiamo solo ricordarci di non spostare mai i moschettoni contemporaneamente, ma di farlo uno alla volta, in modo da avere sempre un ancoraggio alla fune d’acciaio.
Il primo pezzo è sicuramente il più brutto e se lo superiamo noteremo che dopo tutto è diventato molto più semplice.
Da qui inizia anche il pezzo più bello e spettacolare delle gorge erose, il paesaggio qui è a dir poco meraviglioso, un vero senso di libertà ci pervade. Arrivati qui il ponte fa una curva e da questo momento si percorrono le gole in modo longitudinale, mentre sotto di noi possiamo vedere il percorso che una volta si doveva percorrere per arrivare a Claviere o in Francia, che cammina accanto al torrente Dora.

Peccato solo che qui sotto ci sono anche alcuni rifiuti, questo perché tempo fa l’area era diventata una piccola discarica, ora piano piano stanno ripulendo questo splendido luogo.

Il ponte è abbastanza stabile, ma se ci muoviamo un po’ inizia a dondolare e se avete paura vi consiglio di non guardare sotto, nel vuoto, ma di mantenere sempre lo sguardo dritto davanti a noi, e soprattutto non bisogna soffrire di vertigini perché la sensazione di vuoto ci accompagnerà fino alla fine del ponte.

Durante il passaggio longitudinalmente alle gole, verso la fine del ponte vediamo anche una grande cascata.
Terminato il ponte si può scegliere se tornare indietro percorrendo il sentiero e tornare a piedi o percorrere la strada ferrata dei Militari.

Ovviamente, da spericolata quale sono, abbiamo deciso di percorrere la strada ferrata e questo per noi è stato il nostro battesimo.
Mi è piaciuto così tanto che ora non voglio fermarmi qui e vorrei percorrerne altre.

la strada ferrata

Anche perché penso che dopo alcune volte che si percorre il ponte tibetano ci sembrerà di fare una passeggiata, mentre le strade ferrate sono un’altra cosa, è un modo per metterci alla prova e sfidare persino noi stessi. 
la strada ferrata


Ma cos’è una strada ferrata? E’ un percorso in montagna che può essere in verticale, in orizzontale, di varie difficoltà, solitamente sono mete alpinistiche. E’ costituito da “graffette” di acciaio piantate nella roccia, dove poggia il piede e da una fune in acciaio ad altezza busto/testa dove ancorare i moschettoni di sicurezza e le mani per aiutarsi nello spostamento: una via ferrata è un percorso sulla roccia a strapiombo.

Dobbiamo solo aver l’accortezza di prestar alcune attenzioni, infatti nei tratti ripidi non bisogna essere in più di due persone sul cavo d’acciaio, a meno che non si è nella progressione legati in corda, non bisogna neppure percorrere questi tragitti in condizioni climatiche avverse, tipo pioggia, neve o temporali, e mai percorrere queste strade in senso inverso.

Questa che abbiamo percorso noi è una parete verticale che divide i due torrenti, dove ci sono alcuni strapiombi, ma non è molto difficile. Ovvio che bisogna essere un po’ atletici e soprattutto non si deve aver paura del vuoto che c’è sotto di noi.

Anche qui non dobbiamo mai sganciare i moschettoni di sicurezza contemporaneamente, ma uno alla volta in modo da essere sempre ben ancorati.

L’ultimo pezzetto di questa fermata è una vecchia strada dei militari, risalente al periodo della grande guerra, subito dopo c’è un bunker che in parte è esploso.

Qualche anno fa per percorrerlo c’era bisogno di una torcia, ma ultimamente è sempre illuminato.
All’uscita ci troveremo magicamente in prati verdi dove se si vuole si può arrivare in cinque minuti alle piste da sci.

Ma non pensiate di aver terminato il percorso perché dopo il bunker per arrivare al punto di partenza, cioè al parcheggio, si deve percorrere un ultimo ponte tibetano. Questo è ad un’unica campata lunga 80 metri, ma questo è posizionato a 80 metri d’altezza, ma dopo tutto ciò che si è percorso questo oramai è uno scherzetto.

Questo splendido ponte lo possono percorrere tutti, anche i bambini, basta solo che siano più alti di un metro e 20.

Oltre a questo ultimo ponte se si vuole c’è anche la teleferica Tirolese, peccato che sia solo aperta nel mese di Agosto e quindi io non l’ho potuta fare, questo perché necessita di almeno quattro persone addette al controllo e quindi lo effettuano solo nel periodo di maggior affluenza.

Per me questa è stata un’esperienza molto bella e soprattutto spettacolare. Non nego che bisogna aver coraggio, ma alla fine ne sarete sicuramente entusiasti, un’esperienza unica che bisognerebbe davvero provare.

Il ponte tibetano è aperto dal 22 Maggio fino a Settembre solo nei week end, mentre dal 1 Luglio alla prima domenica di settembre è aperto tutti i giorni.

Tecnicamente questo ponte è un’opera davvero importante ed è stato costruito in maniera molto complessa e anche difficoltosa, proprio per l’ambiente estremo in cui esso è posizionato.

Preventivamente sono stati studiati in maniera molto minuziosa tutti i luoghi e il posizionamento dei cavi che è avvenuto con l’aiuto di un elicottero e con delle guide alpine che si calavano pericolosamente e in modo acrobatico in queste pareti rocciose, pensate solo che i cavi sono ancorati all’interno della roccia per 8 / 10 metri.

Le guide alpine hanno fatto molto per la costruzione di questo ponte e questo è stato dedicato a Sergio Bompard che era una guida alpina, scomparsa nel 2006, a causa di una malattia, ma che ha lavorato molto e duramente per questo ponte.

Di conseguenza un grazie di cuore è doveroso anche a tutti coloro che hanno realizzato e hanno collaborato alla realizzazione di tutto ciò.

Per raggiungere Claviere da Torino bisogna imboccare l’autostrada A32 verso Frejus fino all’uscita di Oulx est, si attraversa Oulx e si prosegue sulla SS23 in direzione Sestriere fino a Cesana Torinese.


Mentre in treno si deve arrivare fino alla stazione ferroviaria di Porta Nuova o Porta Susa e prendere il treno fino ad Oulx-Cesana-Claviere-Sestriere. Da qui ci sono delle navette fornite dal servizio pubblico.
Il Bunker