domenica 20 febbraio 2011

Can Tho e la gita sul Mekong

Una delle città che abbiamo visitato  è stata Can Tho, ed è stata uno dei luoghi del Vietnam che mi è piaciuto di più. E’ una zona di montagna, di riso e ha portato il Vietnam tra i primi posti al mondo per l’esportazione di riso.
Questa secondo me è una regione idilliaca, ricca di vegetazione, di mille sfumature di verde dell’acqua e dei suoi innumerevoli fiumi di color marrone rossiccio.
I corsi d’acqua sono numerosissimi e numerose sono anche le abitazioni che si trovano sulle rive di questo imponente fiume.
Oltre al riso che è la coltivazione principale, ci sono molte coltivazioni di noci di cocco, canna da zucchero e molti frutteti tra cui i buoi o pomelo, o il du du che è la papaia, le banane, il dua o ananas, il kheo o carambola, il mang cau o cerimoia, il mang cut da noi conosciuta come mangostano, il mit o jackfruit, il nhan o lon gan, il oi o guava, il san rieng o durian, il thanh long o pitahaya, il xoai o mango, il trai vai o litchies, il Vva sua, più conosciuto come crisofillo cainito.
Ma prima di raccontarvi la nostra gita in barca sul delta del Mekong, vi voglio far conoscere un po’ di storia di questo luogo in modo da avere le idee più chiare su questa regione, così lontana da noi e dalla nostra cultura.
La zona del delta del Mekong è la parte più meridionale del Vietnam al confine con la Cambogia, si affaccia sul Mar Cinese Meridionale e sul Golfo della Thailandia.
Questa regione un tempo faceva parte del regno dei Khmer, ed è stata l’ultima regione ad essere annessa al Vietnam.  
I cambogiani dominarono questa regione  fino al XVIII secolo e ancora oggi la chiamano Kampuchea Krom, che tradotto significa Cambogia Inferiore.
Molte volte i Khmer rossi tentarono di riconquistare la zona, colpendola molto duramente, attaccando i villaggi e uccidendo tutti gli abitanti.
Tutto ciò fece in modo che l’esercito vietnamita attaccò la Cambogia il 25 dicembre 1978, con il conseguente rovesciamento del potere dei Khmer rossi in questa zona.
Attualmente questa zona è abitata prevalentemente dai vietnamiti, ma ci sono anche gruppi di etnia cinese e khmer, oltre ad alcuni gruppi cham.
Molte sono le minoranze di etnia Khmer Krom, loro parlano una lingua diversa dai vietnamiti, hanno tradizioni sia storiche che culturali ben diverse professano una diversa religione buddista, e furono i primi ad insediarsi in questa zona, infatti si sono trovati dei resti datati più di 2000 anni fa.
Le origini di questi abitanti risalgono al I secolo a.c. dove esisteva il regno del Funan, un impero marittimo che partiva dalla penisola malese, fino al delta del Mekong.
Questa civiltà era molto complessa, costruirono molti canali, commerciavano metalli preziosi e avevano molte conoscenze nel campo dell’agricoltura.
A questo regno, successe il regno Chenla dal 630 al 802 d.C., poi venne il grande impero Khmer, che era il più potente di tutto il sud est asiatico, dove la loro maggiore costruzione, è quella di Angkor Wat. 
Ma intorno al XVII, il regno era in declino, ma l’impero vietnamita era in piena crescita e stava iniziando la sua espansione verso il sud.
Prima conquistarono l’impero Cham, successivamente vollero conquistare i territori che erano dei Khmer, in questa zona che è quella del delta del Mekong.
Nel 1623 il Re Chey Chettla concedette i diritti d’insediamento.
Qui abitarono circa 40.000 famiglie e c’erano circa 700 templi khmer, questo luogo nel 1689 era chiamato Saigon.
Successivamente qui arrivarono sempre più vietnamiti per invadere la zona, i Khmer Krom combatterono intensamente, qualche battaglia la vinsero anche, ma erano solo vittorie minori.
Quando nel XIX arrivarono i francesi, s’impossessarono di tutta l’Indocina, chiamando questa zona Cocincina.
Il 04/06/1949 i francesi annetterono questa zona alla colonizzazione vietnamita.
Il 02/09/1954 il governo vietnamita impose ai Khmer Krom una vera e propria assimilazione forzata, tanto che vennero variati i loro cognomi e la loro lingua.
Da allora i vietnamiti fecero numerose atrocità verso questo popolo che è tutt’ora in minoranza.
Ma ora ritorniamo a parlare di Can Tho, noi abbiamo scelto di arrivare qui, perché è la città più grande di tutta questa regione, una cittadina viva e vitale.
Can Tho è il centro principale della politica, della cultura, dell’economia e dei trasporti di tutta questa regione.
Arrivati alla stazione degli autobus, abbiamo preso un taxi che ci ha portato direttamente all’albergo che avevamo scelto, che si affaccia proprio sul fiume, nel centro della città.
Arrivati qui il gestore dell’albergo ci ha subito chiesto se il giorno successivo volevamo fare un tour in barca sulle rive del fiume, informandoci sui prezzi e sul giro che si sarebbe fatto.
Così dopo alcune contrattazioni sul prezzo, abbiamo accettato.
La partenza è avvenuta alle ore 6 del mattino, in modo da poter vedere l’alba, il giro in barca doveva finire intorno alle ore 14 al costo di 700.000 dong che più o meno è di 30 dollari per due persone.
Se volevamo la partenza poteva anche essere ritardata, ma qui si svegliano tutti molto presto, alle 5,30 del mattino il Vietnam è in piena attività, come se da noi fossero le 9,30, così anche per non trovare molti turisti sul nostro tragitto abbiamo scelto di svegliarci presto.
Una volta deciso il nostro tour del giorno successivo, ci siamo fatti una doccia e siamo andati a cena.
Il lungofiume è molto animato, molti sono i locali che rimangono aperti fino a tardi, cosa differente che in altri luoghi della nazione, qui infatti ci sono anche dei mercati serali.
I viali lungo il fiume sono ampi e abbiamo  subito deciso di andarli ad esplorare, ovviamente sempre a piedi, dato che il centro non è poi così grande.
 Anche qui abbiamo mangiato molto bene, siamo riusciti a trovare un locale chiamato “Cappuccino” che faceva dei ottimi piatti della cucina italiana, vietnamita, messicana e anche indonesiana.
Qui noi abbiamo preso la pasta ed io un guacamole, ricetta tipica messicana e tutto ciò che abbiamo mangiato era molto buono.
Ho visto anche le pizze, sia d’asporto che quelle consumate nel locale, avevano un bell’aspetto, ma non ci siamo fidati, tanto tra meno di una settimana dovevamo tornare in Italia patria della buona pizza.
Dopo aver cenato e preso l’aperitivo della buona notte, cioè un succo di canna da zucchero con tanto di ghiaccio, seduti a dei tavolini nel parco, siamo rientrati in hotel.
Il giorno dopo ci aspettava una lunga e deliziosa giornata.
Ma prima di raccontarvi la nostra esperienza su questo fiume, voglio raccontare un po’ di storia.
Se non vi interessa potete saltare questa parte dedicata esclusivamente al Fiume dei nove Draghi o più conosciuto come Mekong.
E’ uno dei fiumi più lunghi di tutto il mondo, infatti scorre per ben 4500 chilometri.
Inizia il suo lungo corso nell’alto Tibet, passando poi per il Myanmar, il Laos, la Thailandia, la Cambogia, per poi sfociare in Vietnam, nel Mar Cinese Meridionale dove il suo delta è tra i più estesi.
Nella capitale della Cambogia a Phon Penh, il fiume subisce una biforcazione e nella città di Vinh Long ne subisce un’altra che termina in molti bracci, sfociando nel Mar Cinese Meridionale, in cinque differenti punti.
Ecco perché il Mekong viene anche chiamato Song Cuu Long o Fiume dei Nove Draghi.
La portata di questo fiume subisce numerose variazioni, dalla fine del mese di maggio inizia a crescere, raggiungendo la sua portata massima a settembre.
Queste variazioni vanno da 1900 a 3800 metri cubi al secondo, in base ai diversi mesi dell’anno.
A Phon Phen il Mekong confluisce in un fiume che raccoglie le acque del lago cambogiano To Le Sap, e quando il fiume raggiunge il suo livello massimo la natura viene in aiuto e il fiume come miracolosamente inverte il suo flusso riversandosi nuovamente nel lago.
Diventa quindi una vera e propria barriera naturale contro le gravi inondazioni.
Peccato che attualmente in Cambogia c’è in atto un grande disboscamento e ultimamente sono aumentate vertiginosamente le inondazioni nella parte del Vietnam di questo fiume.
Negli ultimi anni, nel periodo delle piogge qui sono avvenute le più importanti inondazioni, e a pagarne il prezzo sono le centinaia e centinaia di vietnamiti.
Alcuni di loro devono forzatamente lasciare le loro case, potendo ritornare solo quando le acque si sono completamente ritirate, e ciò significa dopo parecchi mesi.
Molte case qui sono sulla riva dei fiumi e sono delle semplici palafitte di bambù, in modo che l’acqua non raggiunga l’interno delle abitazioni.
Come vengono inondate le abitazioni, anche molte strade subiscono lo stesso effetto.
I danni causati sono molto elevati, tenendo anche conto della perdita delle coltivazioni del luogo, soprattutto di riso e di caffè.
Ciò che ultimamente viene fatto per cercar di combattere questo problema è la costruzione di migliaia di canali, così gli abitanti si sono anche abituati a spostarsi in barca.
Ma torniamo al nostro giro in barca: una volta usciti dall’hotel, erano circa le 5,45 del mattino, c’era il nostro barcaiolo, simpaticamente lo chiamo così, che ci è venuto a prendere e ci ha condotto per circa cinque minuti a piedi, fino al luogo dove era posizionata la sua barca in legno.
Questa barca era semplice, non colorata, dove sopra ci potevano stare fino a quattro persone sedute,  di cui due davanti e due dietro, più lui che guidava il piccolo mezzo in piedi.
A quell’ora le barche dei turisti erano ancora poche, ma molti erano coloro che navigavano il fiume e per lavoro.
Il nostro barcaiolo si chiamava Hiè o qualcosa di simile, era vietnamita, aveva 39 ani, ma ne dimostrava di più, gli mancavano parecchi denti davanti e anche la parte finale del pollice della mano destra.
L’inglese qui  non è parlato da molti e quei pochi che sanno pronunciare alcune parole le dicono anche male, di conseguenza non è facile farsi capire, ma i gesti e le espressioni del viso e delle mani dicono molto, quindi non ci sono stati problemi.
Ci ha detto che lui non è mai andato a scuola, ha due figlie di 12 e 8 anni e entrambe le vuole mandare a scuola perché trova sia molto utile studiare: io spero per loro che sia davvero così.
Il fiume qui è molto grande, davvero immenso e su questo corso d’acqua si svolge l’intera vita di molte persone.
La prima parte del percorso si svolge lungo il fiume più importante e notiamo subito che nella parte davanti di quasi tutte le barche ci sono disegnati sopra due occhi, che vengono chiamati gli “Occhi del Mekong”.
Il fiume non è molto pulito, anche perché loro ci scaricano tutte le immondizie, comprese le acque nere delle abitazioni o delle baracche.
Ci buttano davvero di tutto e secondo me i segni del degrado sono davvero molti e preoccupanti.
Durante la nostra navigazione per ben quattro volte il nostro barcaiolo, ha dovuto spegnere il motore per tirar fuori dall’acqua la piccola elica perché si era arrotolata intorno molto plastica.
Ma sembrava che non gli importasse molto, per loro tutto ciò era normale, infatti una volta tolta questa plastica che bloccava il girar dell’elica, lui come tutti gli altri, ributtava tutto nel fiume.
Quante e quante volte in altre occasioni ho visto loro mangiare e gettare in mare tutti i resti, compreso anche l’involucro di polistirolo, proprio come fosse un bidone dell’immondizia.
La prima volta che l’ho visto fare, mi è uscito uno spontaneo “Nooooooo!!!!!!!” forse anche in maniera un po’ troppo forte. Ho visto che si sono voltati verso di me guardandomi  dubbiosi, ma non mi hanno detto assolutamente nulla.
Io ero a dir poco indignata, ma per loro era tutto straordinariamente normale, faceva parte del loro vivere quotidiano.
Quante e quante volte mi sono arrabbiata per certi loro comportamenti, ma tanto secondo me, finchè non accade qualcosa di veramente grave non lo capiscono, e in quel momento forse sarà troppo tardi.
Immondizia a parte, vedere l’alba navigando su questi fiumi è stata un’esperienza molto bella e molto emozionante.
Dopo circa un’ora di navigazione arriviamo al primo mercato galleggiante sul fiume.
Solitamente i venditori ormeggiano qui le loro imbarcazioni stracolme di qualsiasi cosa, sono specializzati in una sola specie di frutta o verdura, ma ne ho anche viste altre colme di abbigliamento per uomo, donna o bambino.
 Tra quelli che mi hanno colpito di più c’erano quelle con la stiva stracolma di ananas, o angurie di quelle piccoline verdi, o il pomelo, che è una specie di pompelmo, ma molto più dolce, ci sono anche zucche, cipolle, aglio e molto altro ancora.
I clienti percorrono il mercato a bordo di barche più piccole a motore spento, non hanno difficoltà a trovare ciò che cercano, poiché le imbarcazioni più grandi, appendono un campione delle loro merci su alti pali di legno.
Ma anche qui c’era chi vendeva generi alimentari, dal caffè caldo, alle lattine, acqua, ma anche dolciumi, tra cui una specie di pane carasau, sottile ma fatto con riso, cocco, zucchero e semini vari. Una vera bontà, soprattutto quando non si è ancora fatto colazione.
La nostra visita è continuata in un altro mercato galleggiante, anche qui vendevano di tutto, dalla frutta, incensi, pagliette per piatti, calze, insomma un vero e proprio mercato ma sull’acqua del fiume.
Dopo un po’ percorriamo un canale secondario, passiamo sotto a ponti, dove, se stavamo in piedi, battevamo la testa.
Il colore del fiume non cambia mai, è sempre marrone, anche perché la terra è molto argillosa tra il marrone e il rossiccio.
Le piante d’acqua dolce sono sempre molte e sulle rive del fiume ci sono molti alberi da frutta, soprattutto banani, con il loro particolarissimo e enorme fiore. Era per me la prima volta che vedevo il fiore del banano, davvero molto bello.
Poi ci fermiamo in una specie di bar, dove mi sono presa un thè, da mangiare non c’era un bel niente, anzi appeso ad un chiodo c’era una borsa in plastica che conteneva dei biscotti sigillati singolarmente ricoperti di cioccolato.
Non m’ispiravano per niente, ma io avevo ancora fame, così ho deciso di prenderne uno, l’ho subito assaggiato, ma era veramente immangiabile, il gusto era pessimo e sinceramente chissà da quanti anni erano appesi lì, poi ho visto che c’erano anche le formiche.
Loro solitamente non fanno colazione come siamo abituati noi, la intendono in modo diverso, la loro colazione è molto simile al pranzo o alla cena, mangiano cioè noodles e una zuppa chiamata pho.
In questo bar c’era un acquario con un unico pesce al suo interno, questo era enormemente grande, mai visto un pesce così grande e da solo in un acquario!
Oltre a questo vedo anche una cassetta in legno e guardando al suo interno noto che c’è un grande serpente di color scuro, al suo interno c’era anche il suo pasto, cioè un piccolo topolino vivo che terrorizzato se ne stava fermo in un angolino.
Successivamente, un signore penso fosse il proprietario del locale ha preso il serpente e l’ha portato nel fiume, come se dovesse lavarlo, poi l’ha posizionato sopra la cassetta, lasciandolo lì ad asciugare.
Intanto noi continuiamo il nostro percorso, e il nostro barcaiolo ci porta a piedi in un sentiero in mezzo alla fitta vegetazione a fianco del fiume, proseguendo per circa 5 minuti siamo arrivati fino a quella che è la fabbrica di noodles.
Loro la chiamano fabbrica, ma è una piccola azienda a gestione familiare.
Qui ci hanno fatto vedere i vari trattamenti che subisce il riso prima di diventare un noodles,  abbiamo scoperto che il riso viene messo in grosse vasche di acqua per qualche ora, viene poi filtrato e passato attraverso un macchinario che lo fa diventare una specie di polvere.
Viene poi mischiata con l’acqua facendola diventare una pastella. Successivamente fanno delle specie di crepes tonde che vanno cotte per pochissimi minuti.
Vengono poi messi ad essiccare al sole su delle specie di telati in bambù. Una volta secchi, vengono tagliati finemente ed ecco che diventano i noodles.
Dopo questa visita risaliamo sulla barca e riprendiamo la nostra navigazione sempre sui canali minori.
Intanto il sole era già molto caldo e qui picchia veramente tanto. Per ripararci ci presta uno dei loro classici cappelli a cono che loro indossano sempre, sia sotto il sole che sotto la pioggia. Era  la prima volta che lo indossavano e posso confermare che sono molto comodi e soprattutto freschi.
Intorno alle rive di questi canali e del fiume principale gli abitanti, ci fanno di tutto: ci lavano i piatti, le pentole, fanno il bagno, si lavano i capelli, ma ci buttano dentro anche tutta la loro immondizia, sia quella naturale,  biodegradabile che quella che rimane per anni e anni, senza mai dissolversi, tipo i vari tipi di plastica, ecc.ecc.
La navigazione lungo queste rive è calma, qui nessuno è agitato e tutti i bambini che incontriamo ci salutano con l’unica parola che conoscono in inglese : Hallo!!!
Il nostro barcaiolo ha anche preso dei piccoli pezzi di foglie di palme e con questi ha fatto delle creazioni, tra cui braccialetti, anelli, un paio di occhiali, una girandola, una specie di maschera, una cavalletta e una composizione di fiori.
Successivamente per il pranzo ci fermiamo in una specie di ristorante sul fiume.
Io non avevo voglia di magiare ciò che era proposto cioè: pesce e non avendo altro gli ho chiesto della frutta.
Mi hanno portato un piattino di bananine e dei litchies, mentre mio marito ha mangiato un pesce abbastanza grande e molto buono, chiamato pesce elefante.
Finito il nostro pranzo si prosegue nuovamente verso il dedalo di questi canali minori, ma oramai si sta per tornare verso il nostro punto di partenza.
Al termine del nostro giro al nostro barcaiolo non gli abbiamo dato la mancia, che forse lui s’aspettava, gli avevamo già pagato le bibite durante la giornata e poi in generale i vietnamiti cercano spesso e molto volentieri di fregarti, per guadagnare più soldi, come è successo anche al ristorante dove siamo andati oggi, e noi eravamo anche un po’ stufi di questa storia, anche se ovviamente in questo il nostro barcaiolo non c’entrava proprio niente.
Siamo comunque rimasti soddisfatti del nostro giro sul delta del Mekong, è stata davvero una bella esperienza  che mi rimarrà impressa nel cuore e che ovviamente ripeterei.

giovedì 6 gennaio 2011

Wat Arun

Un altro importante tempio della bellissima Bangkok è sicuramente Wat Arun, chiamato anche Tempio di Dawn o Tempio dell’Alba. Il suo nome proviene da Aruna, il dio indiano dell’alba, risale al XVII secolo  e si trova sul fiume Chao Phraya.
Questo è uno dei tre templi principali di Bangkok con Wat Phra Kaew e Wat Pho.
Questo è tra i più fotografati di tutta Bangkok,  sicuramente è anche quello più pubblicizzato nelle cartoline e nei depliant delle agenzie di viaggio, anche perché si può vederlo già  da lontano grazie all’alta guglia istriata, chiamata prang,  un miscuglio di stile Khmer e thai.
Un tempio che non è molto grande, se paragonato ad altri di Bangkok,  tra l’altro è anche uno dei più turistici e forse anche un po’ inflazionato,  ma rimane sempre un luogo molto importante, un monumento molto particolare che merita una visita.
Il prang principale, il più grande, simboleggia il Monte Meru, dimora degli Dei, mentre i quattro prangs più piccoli, simboleggiano i quattro venti.
All’interno dei quattro prangs più piccoli ci sono delle immagini del Buddha che rappresentano la nascita, la meditazione, la predicazione e l’illuminazione del Buddha.
Intorno alla base dei 5 prangs ci sono delle figure di animali e antichi soldati cinesi, mentre sopra la prima terrazza troviamo quattro statue di Indra, il dio Indù mentre cavalca l’elefante mitologico Erawan.
Il tempio è molto antico, infatti risale al periodo Ayuthaya. Il re Taksin a quell’epoca  fece costruire un palazzo reale,  e un tempio , Wat Arun,  qui fu anche custodito  il famoso Buddha di Smeraldo, rendendo questo luogo molto famoso e venerato, ma nel 1784 fu spostato a Wat Phra Kaew.
La costruzione di questi prangs iniziò nel secolo XIX, nel regno di Rama II, ma fu terminato solo da Rama III.
Le misure esatte di questo alto prang, non si sanno,  le fonti della Thailandia indicano 194 mt, mentre molte altre la citano come alta 80 – 85 mt.
Intorno ci sono altri quattro prangs più piccoli, e tutti sono decorati con tantissimi cocci cinesi e con piastrelle in ceramica smaltata, porcellana, ma anche molte conchiglie, tutto questo materiale erano usato come zavorre portate dalle molte imbarcazioni che partivano dalla Cina per raggiungere Bangkok. In questo periodo era solito vedere decorazioni simili, proprio perché le porcellane arrivate fino a qui erano molte, questo è lo stile chiamato Ratanakosin.
A quell’epoca si doveva usare tutto ciò che era possibile, si recuperava tutto, anche i cocci per le zavorre delle navi.
Sul lato di fronte al fiume ci sono sei sale tutte in stile cinese, fatte in granito verde con dei ponti levatoi.
Consiglio anche di entrare per una visita all’interno del bot, qui c’è un’immagine del Buddha Niramitir. Si dice che questa statua fu disegnata proprio da Re Rama  II nel XIX sec, mentre le pitture sui muri appartengono al regno di Rama V, molto bella è la figura del principe Siddharta, che possiamo vedere dipinta.
Le ceneri di Rama II, sono conservate proprio sotto la statua principale del Buddha.
Gli interni delle guglie e del prang sono  tutte decorate e colorate con svariati colori.
Dietro ai prang c’è il bot vero e proprio, è molto bello e la parte interna è decorata come i prang, cioè con pezzetti di porcellana smaltata coloratissima. Tutto intorno c’è un  giardino molto  ben curato.
Un tempio che è avanti con i tempi, infatti fu il primo che nel 2005, ordinò il primo monaco occidentale.
All’ingresso ci sono due grandi guardiani del tempio,  e rappresentano delle figure del Ramayana, uno di color bianco e l’altro di color verde. Sono davvero impressionanti, e in qualche modo possono ricordare quelli che ci sono al Wat Phra Kaew.
Se si vuole si può anche salire per una parte sul prangs principale.
Qui ci sono 3 livelli, che si possono raggiungere, ma attualmente si può salire solo fino al primo.
La scala è ripidissima e molto stretta, assomiglia molto a  come quelli che ci sono  in Cambogia, fa quasi paura. Non tanto nel salire, ma il problema si presenterà nello scendere, ed è meglio non guardare in basso, io l’ho fatto, ma che paura che ho avuto, lo ricordo ancora molto bene.
Consiglio di mettersi un paio di scarpe comode, se abbiamo i lacci facciamo attenzione che questi siano ben legati, e  vestiamoci in modo adeguato. In ogni caso una volta che saremo in cima la visione di del fiume Chao Phraya e della città intorno è spettacolare.
Il momento migliore per visitare questo tempio e per fare le più belle foto di Wat Arun, è alla sera, quando c’è il tramonto, tra le ore 6 e le ore 7. Solo in questo momento è possibile vedere il cielo con le varie sfumature di rosso, mentre il sole  tramonta lentamente dietro al tempio, uno spettacolo davvero molto bello.
Se si vuole sul lato opposto del fiume  Chao Phraya,  di fronte Wat Arun, ci sono dei comodi e buoni ristoranti, in modo da ammirare questo spettacolo seduti comodamente al tavolo, anche questo è molto bello e rilassante.
Consiglio, se potete di fare una crociera sul fiume di sera, dopo il tramonto quando è tutto illuminato, un vero spettacolo di luci e suoni davvero sorprendente.
Quando ci recheremo verso l’uscita, bisogna fare un viale dove ai suoi lati ci sono molte bancarelle con i classici souvenir del luogo, moltissime le statuette del Buddha e varie le sue effigi.
Per arrivare al Wat Arun, bisogna attraversare il Chao Phraya, la partenza del molo è a Tha  Tien che è a sud ovest del Grand Palace o Wat Phra Kaew. I traghetti express, partono ogni 10 minuti circa.
Se si vuole prendere l’autobus, si arriverà con il nr 1, 25, 44, 47, 62 e 91, tutti fermano in strada Maharat.
Quasi tutte le escursioni sui canali navigabili fermano anche in questo tempio .
Wat Arun è aperto tutti i giorni dalle 8,30 alle 5,30.
Il costo del biglietto d’ingresso è, come sempre irrisorio, circa 20 bath, mentre il prezzo del battello è di circa 4  bath.